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Le AI che si riproducono da sole e altre notizie | Weekly AI #102

Weekly AI news è la rassegna stampa settimanale curata dai nostri editor sui temi più rilevanti legati al mondo dell’intelligenza artificiale.

In un’intervista podcast con Ezra Klein del New York Times, il CEO di Anthropic Dario Amodei ha teorizzato che senza una governance adeguata l’AI potrebbe iniziare a riprodursi da sé. Per far comprendere il rischio, Amodei ha utilizzato come analogia i livelli di biosicurezza dei laboratori di virologia. “Varie misure di questi modelli – ha detto – sono abbastanza vicine alla possibilità di replicarsi e sopravvivere in natura“. Secondo lo scienziato è tempo che i livelli di sicurezza dell’AI includano rischi come “autonomia” e “persuasione”, per uno scenario che potrebbe essere dietro l’angolo. Secondo Amodei un’AI che spinga verso l’autonomia potrebbe iniziare a diventare realtà già entro il 2028. “Sto davvero parlando del prossimo futuro. Non sto parlando di 50 anni di distanza“.

La febbre extra-occidentale non si placa. Praticamente ogni Paese che non appartiene all’Occidente sembra essere diventato il nuovo chiodo fisso delle big tech per impostare lo sviluppo del mercato AI dei prossimi anni. Per cominciare Microsoft investe 1,5 miliardi in G42, società di AI con sede ad Abu Dhabi, negli Emirati Arabi, guadagnandosi un seggio nel suo Consiglio di amministrazione. L’accordo giunge sulla scia di un altro investimento multimiliardario di Microsoft, nell’AI giapponese, ben simboleggiato dalle mosse del “figlio adottivo” di Nadella, Sam Altman.

OpenAI apre infatti a Tokyo l’ufficio annunciato la scorsa settimana, primo distaccamento asiatico dell’azienda e dal grande valore strategico. Apple, avvantaggiata dalla sua storia, insegue la stessa necessità e annuncia un potenziamento di 250 milioni di dollari sulla divisione di intelligenza artificiale del suo campus nel distretto di Ang Mo Kio a Singapore. La sede, aperta nel 1981, è già ad oggi il principale centro nevralgico di Apple nel continente asiatico e la sua importanza è destinata a crescere.

Per capire il mercato orientale è bene guardare anche alla Cina, che continua a rafforzarsi. Ne è prova il traguardo raggiunto dal gigante cinese Baidu. Il CEO Robin Li annuncia che il suo chatbot Ernie Bot ha superato i 200 milioni di utenti appena otto mesi dopo il rilascio pubblico dell’applicazione.

Zuckerberg guarda invece ai Paesi in via di sviluppo con un segnale quasi teatrale, rendendo disponibile il suo Meta AI, l’intelligenza artificiale dei suoi social basata sul nuovo eccezionale Llama 3, in molte regioni dell’Africa e dell’India. Il mercato è importantissimo: tra India e Africa Meta conta circa 510 milioni di utenti complessivi. Meta AI viene integrato su Facebook, WhatsApp e Instagram anche in Australia, Canada e USA. Ma non in Europa.

Mentre paiono tutti così attenti a stanziare fondi in mercati da espandere, Adobe tenta un nuovo sgambetto a Microsoft e al suo Copilot rilasciando un assistente AI di Acrobat pensato per l’assistenza al mondo del lavoro.

Mondo del lavoro che a tratti pare subire, più che cavalcare, la nuova trasformazione digitale. Da una ricerca della società di consulenza “IT AND Digital” emerge che quasi la metà dei CEO di Stati Uniti, Regno Unito e Paesi Bassi prende più o meno in segreto importanti decisioni aziendali sulla base di informazioni suggerite da ChatGPT. Si potrebbe quasi teorizzare una progressiva sostituzione dei CEO con l’AI: in effetti una percentuale poco più bassa di loro, il 43%, non lo esclude.

Al di là dei timori degli amministratori delegati, in Occidente a tenere banco è (per fortuna) soprattutto il tema normativo. A spiccare è l’impegno del Regno Unito, la cui autorità per la concorrenza mette in guardia proprio dallo strapotere e il dominio delle big tech AI. E soprattutto, il Governo britannico introduce una nuova legge che renderà illecito penale in Inghilterra e in Galles la creazione di immagini deepfake esplicite di utenti senza il loro consenso. Fino ad ora, la legislazione esistente vietava solo la condivisione di tali contenuti, ma non la loro produzione.

Secondo alcuni il problema vero però è a monte ed è rappresentato dalla sostenibilità dell’intelligenza artificiale. I dati parlano chiaro: entro il 2026 l’AI consumerà come l’intero Giappone ed entro il 2030 un quarto dell’energia statunitense dovrà essere impiegata solo per quello. Paradossalmente l’unico elemento a nostra disposizione per ripensare l’ottimizzazione della filiera energetica in ottica sostenibile per l’uso dell’AI è… l’AI stessa.

Ma per fortuna c’è chi continua a dare un senso a tutta l’ansiogena concitazione che accompagna le nuove innovazioni digitali: un team dell’università Cambridge, guidato dall’italiano Michele Vendruscolo, riesce a individuare grazie all’AI cinque nuovi medicinali contro il Parkinson. A ricordarci che, al netto delle preoccupazioni, l’AI possiamo usarla semplicemente per cambiarci la vita in meglio.


Nella nuova puntata di AI Talks abbiamo parlato con Matteo Ciastellardi, professore di sociologia dei media e sociologia dei processi culturali e comunicativi presso il Politecnico di Milano.
Con Ciastellardi abbiamo affrontato temi come il valore della creatività e le nuove forme di stupore nell’epoca della datafication, l’attualizzazione del pensiero di Walter Benjamin e di Marshall McLuhan, il passaggio dall’era del tag all’era del prompt.



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