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L’enorme fallimento dell’AI Pin e altre notizie | Weekly AI #101

Weekly AI news è la rassegna stampa settimanale curata dai nostri editor sui temi più rilevanti legati al mondo dell’intelligenza artificiale.

L’AI Pin, lo “smartphone senza schermo” della startup Humane presentato nel 2023 come una rivoluzione dei device nell’era dell’intelligenza artificiale, non ha avuto vita facile fin dall’inizio. Nel video di presentazione del prodotto, a novembre, sbagliò a rispondere a una domanda sui luoghi da cui si sarebbe potuta osservare l’eclissi solare del 2024. Nessuno se ne accorse e il video fu pubblicato con l’errore. Con il senno di poi, era un funesto presagio. In questi giorni il prodotto (700 dollari di costo più un abbonamento mensile da 24 dollari) è stato messo sul mercato americano e nelle ultime ore si susseguono le recensioni: sono praticamente tutte implacabili. L’AI Pin non capisce quando gli si parla, è lento a interagire, la sua batteria dura poco, la sua proiezione è a bassa risoluzione e quasi inservibile con la luce del giorno.

Wired l’ha definito goffo e limitato. The Verge ha titolato: “Semplicemente non funziona”, Engadget è arrivato a scrivere che è un dispositivo che “fa sentire stupidi“. Humane non se la passa bene da gennaio, tanto che ha già dovuto licenziare parte dei dipendenti. Si sperava che l’uscita del gadget potesse risollevarne le sorti: mai previsione fu più sbagliata. Ѐ evidente che l’AI, per cambiare le abitudini degli utenti, dovrà passare per altre strade.

L’intelligenza artificiale continua a bussare alle porte dell’Italia. La risposta però a tratti non è chiara.

Prima di tutto emerge, grazie ad alcune testate che hanno avuto accesso alla bozza, che nel disegno di legge italiana sull’AI del governo non ci sarebbe traccia del miliardo promesso dalla premier Meloni. Un peccato perché intanto perfino l’INPS annuncia un’AI per facilitare l’incontro tra domanda e offerta di lavoro. Se i segnali di adozione dell’AI dal settore pubblico sono contraddittori, molto chiari sono quelli provenienti dal settore privato. Google annuncia infatti il progetto “IA per il Made in Italy“, che porterà l’AI nelle aziende italiane in una sfida aperta a Microsoft nel supporto alle PMI. Il rafforzamento del nuovo corso “aziendalista” di Google si manifesta anche nella presentazione di un’app per la creazione di video professionali di nome Vids.

Anche a spostarsi dall’altra parte del mondo, si scopre che gli intenti sono gli stessi: Microsoft annuncia una partnership con il Giappone che prevede un investimento di tre miliardi per accrescere la competenza nipponica dell’AI. Poco contano gli appelli sui rischi di erosione della società provenienti da varie organizzazioni giapponesi, il Premier Fumio Kishida è entusiasta di un finanziamento simile, che si aggiunge a quelli già stanziati a SpagnaGermaniaIndia Sri Lanka dal genitore adottivo di OpenAI.

La corsa al supporto ai tessuti imprenditoriali in ogni luogo del mondo deriva da un’esigenza sempre più urgente, anzi da una questione di sopravvivenza: l’AI si diffonde con costanza, costa sempre più soldi… ma ne genera sempre meno. Urge dunque per le big tech accompagnare per mano verso la creazione dell’industria AI, se necessario mettendo competenze gratuite pur di creare un reale bisogno e un reale mercato.

Anche Musk, mentre predice l’avvento di AI super intelligenti entro il 2025 (proprio mentre OpenAI e Meta si preparano a GPT-5 e Llama 3) guarda all’aumento dell’internazionalizzazione e progetta di aprire il primo stabilimento Tesla in India, una faccenda da 3 miliardi di dollari. Che farebbero molto comodo all’arci-nemico Sam Altman, che insieme all’ex guru del design Apple Jony Ive continua a cercare finanziatori per il suo rivoluzionario quanto misterioso device AI, sperando che il caso AI Pin faccia da monito. E come tutti hanno bisogno di soldi, tutti hanno bisogno di dati, tanto che Apple stringe accordi con Shutterstock per l’uso di librerie immagini in addestramenti AI. La confusione generata dalle mosse di Apple però dilaga: l’azienda di Tim Cook sta lavorando su un’AI multimodale conversazionale, un super assistente vocale, un generatore di immagini e video o su tutti i progetti insieme? La Worldwide Developers Conference di giugno è sempre più vicina.

Chi ha le idee chiare è Spotify. L’azienda svedese risponde all’appello terrorizzato dei 250 artisti sul pericolo dell’uso dell’AI nella musica in modo inequivocabile: lanciando un servizio per la creazione con AI di playlist personalizzate. Secondo alcuni è l’anticamera dell’uso dell’oceano di dati audio di Spotify direttamente per la creazione di un generatore di musica interno alla piattaforma.

Ma nei laboratori AI mondiali non si tramano solo competizioni generative all’ultimo token. C’è chi in effetti porta avanti anche scenari di ricerca etica. Per esempio Anthropic, che lancia un allarme sulla possibilità di aggirare i filtri anti illegalità delle intelligenze artificiali con un semplice trucco di prompt che aumenta spaventosamente di efficacia all’aumentare della potenza delle AI.

Ironico che pochi giorni dopo Intel annunci con entusiasmo un suo nuovo processore che sfida il dominio di Nvidia. Sarebbe il più potente mai prodotto, per creare potenzialmente le AI più potenti mai viste; al prompt ci si penserà poi.


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