Weekly AI è la nostra rassegna settimanale sulle notizie più rilevanti legate al mondo dell’intelligenza artificiale.
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È di certo un segno dei tempi che il nuovo Papa Robert Prevost, Leone XIV, scelga di mettere l’intelligenza artificiale al centro del primo discorso pubblico dopo l’elezione. Anzi il nuovo Pontefice ha tenuto conto della rivoluzione AI perfino scegliendo il proprio nome, omaggio a Papa Leone XIII che si trovò a guidare la Chiesa durante la transizione industriale sul finire del diciannovesimo secolo.
Non è ancora chiaro se il nuovo Papa consideri l’intelligenza artificiale un potenziale strumento di pace o una minaccia da cui guardarsi per poterla preservare. L’auspicio è che il suo sguardo possa sempre più contribuire a far dialogare queste due dimensioni. Quasi in simbolica risposta, si tiene presso le Nazioni Unite un importante incontro a tema regolamentazione degli armamenti autonomi.
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Le aziende intanto proseguono nelle loro strategie, con OpenAI in particolare a muoversi su più fronti. Mentre l’azienda decide di rilasciare i suoi modelli GPT-4.1 e GPT-4.1 mini in ChatGPT, il Financial Times riporta che starebbe rinegoziando con Microsoft i termini dei loro accordi in vista di investimenti futuri. Un passaggio che da un lato smorza le voci su una rottura tra Altman e Nadella, ma dall’altro appare come un’intesa di convenienza: un modo per mantenere legami economici pur segnando nuove distanze. Tra gli elementi dell’intesa, anche la cessione da parte di Microsoft di una quota della propria partecipazione azionaria, in cambio dell’accesso alle tecnologie che verranno sviluppate oltre il 2030.
Al tempo stesso, in controtendenza rispetto a chi vede l’AI generativa al centro di un’espansione senza ostacoli, Microsoft licenzia il 3% della forza lavoro per compensare i costi nell’adozione dell’AI. Accordi miliardari e investimenti da una parte, cautela e de-occupazione dall’altra. Un movimento paradossale per un mercato in espansione.
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D’altronde un’analisi di EpochAI avverte che i progressi dei modelli ragionanti potrebbero subire un importante rallentamento sia in termini di performance che di ricavi entro pochi anni se non mesi. Ricerca, apprendimento per rinforzo, risorse di calcolo: i costi per creare le AI di nuova generazione sono mostruosi e stanno raggiungendo il loro limite ‘fisiologico’ per questo momento. Si unisca che, come sottolineato la scorsa settimana, più i modelli sono grandi più sono soggetti a errori, e si capisce il perché della coperta corta di Microsoft.
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Gli USA continuano a temere che una deriva europeista dell’AI basata sull’ossessione normativa contagi il mondo. Trump dà un importante segnale in questo senso licenziando la direttrice dell’ufficio copyright dopo un rapporto critico su AI e Copyright, gesto che appare davvero come una provocazione al Vecchio Continente. Di lì a breve, il tycoon vola in Arabia Saudita, Qatar ed Emirati e porta con sé Altman, Musk e altri potenti del tech per sostenere un’iniziativa multimiliardaria sull’AI di nome Humain. Una connessione, quella tra USA e penisola arabica, che intende marginalizzare ulteriormente il fragile tech dell’Europa.
La presenza di Altman, da tempo già in buoni rapporti con l’Arabia, è finalizzata in particolare alla preparazione del suo piano di espansione dei data center nell’ambito della strategia “OpenAI for Countries”.
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La strategia di Google dell’ultimo periodo appare un po’ meno aggressiva. Prima lancia un nuovo fondo per sostenere le startup di nome AI Futures Fund, poi introduce uno strumento AI per proteggere gli utenti dalle truffe. La sua DeepMind consolida da Londra la sua posizione nella ricerca presentando un nuovo strumento AI specializzato nella risoluzione di problemi matematici.
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E in Europa? Le tensioni si manifestano con sempre maggiore intensità, alimentate da visioni profondamente contrastanti. Da un lato, gli “interventisti” delle normative difendono con determinazione la legittimità dell’AI Act; dall’altro, numerose forze guardano agli Stati Uniti come a un modello di successo, convinte che l’Europa stia irrimediabilmente sbagliando rotta.
L’editoria abbraccia sempre più questa prospettiva, lo dimostra la partnership tra Le Monde e Perplexity (fresca di accordo con PayPal) per permettere l’accesso ai contenuti della testata al motore di ricerca. Il fronte contrario si manifesta nel duro scontro tra Meta e il noto gruppo per i diritti del web NOYB. Il movimento, già a supporto di diverse class action, potrebbe presentare un’ingiunzione contro Meta a causa del suo piano di sfruttamento dei dati personali degli utenti per addestrare i modelli di AI.
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Intanto a Milano si svolge l’AI Week, uno degli eventi chiave per fare il punto sull’intelligenza artificiale in Europa (noi c’eravamo, qui il nostro report). Dalla manifestazione emerge come la spinta del nuovo tech europeo si stia concentrando soprattutto nell’applicazione dell’AI in software gestionali per l’analisi sicura dei dati. In pratica, una rivoluzione che risulta imbrigliata dalla burocratizzazione di stampo UE del digitale. Viene il sospetto che l’AI europea stia più che altro cristallizzandosi nella creazione di ecosistemi modellati non tanto dalla spinta all’innovazione, quanto dai vincoli imposti dall’AI Act.
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