Google si difende, OpenAI si sfalda, Musk recrimina: il sogno si incrina e l’AI diventa un ring | Weekly AI #118

Google si difende, OpenAI si sfalda, Musk recrimina: il sogno si incrina e l’AI diventa un ring | Weekly AI #118

Weekly AI news è la rassegna stampa settimanale curata dai nostri editor sui temi più rilevanti legati al mondo dell’intelligenza artificiale.

Mai come questa settimana l’impressione è che l’intelligenza artificiale sia un ring allestito per ospitare un tutti contro tutti. È come se l’estate abbia portato una ventata combattiva, che coinvolge organizzazioni e istituzioni rivali delle principali aziende di AI. Ma non solo. Ovunque è un fioccare di cause e recriminazioni, tra nemici storici, ex alleati e azionisti.

Si comincia con un terremoto, quando le borse asiatiche crollano sonoramente influenzate dalle incertezze statunitensi. Immediate le pubbliche accuse alla bolla dell’AI. In effetti gli enormi investimenti preventivi nell’AI paiono essere largamente responsabili del successivo tonfo. Le big tech hanno presentato trimestrali inferiori al previsto e gli azionisti si sono intimoriti vendendo in massa le loro azioni con grandi effetti sui produttori di chip asiatici. Era prevedibile: come si dice sempre più spesso, nessuno ha ancora capito bene come fare soldi con l’AI. Non è chiaro se sia davvero l’inizio dello scoppio della bolla ma di certo è l’occasione che molti antagonisti delle big tech aspettavano da tempo. La prospettiva della caduta fa apparire le big company improvvisamente deboli e chi può ne approfitta per sferrare un gancio destro.

Prima arriva una storica sentenza degli USA contro il monopolio di Google, che potrebbe cambiare i rapporti tra l’azienda e Apple, il modo in cui utilizziamo il web, i flussi dei dati e in generale modificare in parte il volto dell’intelligenza artificiale. Google risponde andando dritta per la sua strada come se nulla fosse avvenuto. Mentre l’azienda lancia un programma per startup AI in Pakistan e Asia-Pacifico, rimbalzano le previsioni entusiastiche del suo consulente ‘guru’ Raymond Kurzweil secondo cui l’umanità è destinata a fondersi con l’AI in un tutt’uno che saprà di cyborg. E ai problemi monopolistici ci penserà qualcun altro.

La sentenza americana sembra far cadere qualche muro perché in generale l’atmosfera appare compromessa. Con gran tempismo il Regno Unito avvia un’indagine sulle partnership tra Amazon e Alphabet con Anthropic. Il Paese si conferma molto attento sulla sicurezza e mette l’esperto Yoshua Bengio a capo di un progetto del governo per prevenire catastrofi e incidenti causati dall’AI.

In contemporanea le organizzazioni creative UK unite nella coalizione Creators’ Rights Alliance, chiedono “trasparenza” in merito all’intelligenza artificiale in una lettera alle principali aziende tecnologiche. Ma di fronte a loro si presenta uno spettacolo che fa pensare a tutto tranne che alla responsabilità sociale.

Proprio nel Regno Unito Elon Musk finisce al centro del dibattito internazionale incitando la popolazione inglese alla guerra civile su X in seguito ai giorni di disordine guidati dai gruppi estremisti di destra. Il proprietario di X/Twitter attira le ire del neo-ministro Keir Starmer, che lo accusa di irresponsabilità.

Mentre la reputazione di Musk risulta ulteriormente fiaccata da questo episodio, anche l’ente per la privacy irlandese sferra il suo attacco e porta X in tribunale con l’accusa di furto e uso non autorizzato di dati degli utenti per addestrare Grok. Musk rigetta ogni accusa. Intanto presenta anch’egli una causa ma a tutt’altro indirizzo: OpenAI. Una causa surreale, perché praticamente identica a quella già avanzata dal CEO di Tesla a febbraio e ritirata a giugno. L’azienda di Altman e soci è (ancora) accusata da Musk di aver tradito gli intenti no profit originali del progetto, di cui come è noto inizialmente faceva parte.

OpenAI non fa nemmeno in tempo ad accorgersi della nuova querela perché deve gestire gli ennesimi terremoti interni (travestiti nella narrazione, come sempre, da innocui accordi tra amici). Prima Greg Brockman, uno dei principali volti insieme al CEO, annuncia la scelta di prendere un sospetto ‘periodo sabbatico’ dall’azienda. Poi John Schulman, un altro tra i co-fondatori, personalità di enorme importanza nella progettazione di ChatGPT, annuncia l’abbandono dell’azienda per unirsi ad Anthropic. Colpo di coda con le dimissioni del responsabile del prodotto Peter Deng, entrato appena lo scorso anno. E mentre l’azienda si prepara al nuovo riassetto, circola con disappunto la news secondo cui Altman e i suoi abbiano già inventato una tecnologia per riconoscere se un testo sia scritto con AI o meno. Solo che non vogliono rilasciarla, il che non fa che aumentare il già alto livello di tensione.

Tensione che si rileva anche negli strascichi dell’alleanza stretta tra OpenAI e l’Atlantic. Giornalisti e lavoratori della testata americana si scagliano contro la partnership sottoscrivendo una lettera alla loro dirigenza. Pur non disdegnando l’AI, nessuno di loro si fida di OpenAI.

Le azioni legali ‘post-delusioni in borsa’ coinvolgono anche aziende meno centrali nel panorama attuale, come Intel. Il gruppo di chip viene citato in tribunale dagli azionisti per mala-gestione (un valore di mercato caduto di oltre 32 miliardi di dollari in un solo giorno) e nel mezzo delle accuse emerge una rivelazione sorprendente. Sette anni fa l’azienda rinunciò ad acquistare il 15% di OpenAI perché l’allora CEO Bob Swan non credeva nelle immediate potenzialità dell’AI. Una previsione non molto lungimirante.

Anche nel mondo del lavoro che tenta strategie per l’adozione dell’AI si rileva uno spaesamento dopo gli inciampi finanziari. Dalla società giapponese Fujitsu giungono resoconti su grandi difficoltà nel trovare lavoratori esperti per espandere i servizi AI. Ma Dane Knecht di Cloudflare lancia una suggestione interessante. Forse l’AI è destinata a “scomparire” nei processi più che ad assorbirli essa stessa. Un’osservazione utile per suggerire che forse l’intelligenza artificiale risulterebbe meglio integrata nel mondo senza tutte le aspettative di cui è stata caricata. Mettere le sorti dell’umanità sulle spalle della nuova tecnologia generativa è una strategia che non sta pagando. Gli effetti sono sotto gli occhi di tutti. Per citare Elon Musk: “Civil war is inevitable“.



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