Weekly AI è la nostra rassegna settimanale sulle notizie più rilevanti legate al mondo dell’intelligenza artificiale.
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Dopo il ciclone DeepSeek, entra in scena la nuova AI cinese Manus. Sviluppata da una startup di nome Monica, è un’AI che propone un nuovo agente di intelligenza artificiale “completamente autonomo”. Il modello svolge compiti senza la necessità di solleciti, mentre l’utente può lavorare su altro. Non è infallibile e le sue performance sono state presentate in modo gonfiato, ma rappresenta una nuova architettura AI.
A pochissimi giorni dalla presentazione pubblica, Manus AI annuncia già una collaborazione strategica con Alibaba: insieme le due aziende si uniscono per competere proprio con la ‘sorella’ DeepSeek.
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La competitività interna al mercato cinese è la cartina al tornasole della sua crescente influenza mondiale. Pechino non perde tempo e guarda avanti, rendendo lo studio dell’intelligenza artificiale obbligatorio già dalle scuole elementari.
Inoltre emerge come le banche cinesi stiano integrando DeepSeek nei loro processi. L’adozione cinese su larga scala di DeepSeek in un lasso di tempo così breve ben descrive la differenza tra Occidente e Pechino nell’approccio alla tecnologia. Mentre l’Occidente prende tempo per far attecchire nella società l’innovazione che viene dai capitali privati, il comunismo capitalista cinese “impone” le nuove tecnologie generative in un moto dall’alto. L’urgenza si espande anche a territori come Taiwan, dove Foxconn (azienda che crea server per Nvidia e assembla gli iPhone per Apple), crea la sua AI FoxBrain.
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Gli USA sentono che la rimonta tecnologica cinese è ormai in una nuova fase e agiscono di conseguenza. La Casa bianca vieta DeepSeek sui dispositivi governativi per motivi legati alla sicurezza nazionale, mentre OpenAI implora il governo Trump di allentare le regolamentazioni sull’AI americana e permettere agli USA di competere con la Cina al doppio della velocità. Anche Google si unisce alle richieste di OpenAI, chiedendo di alleggerire l’eccessiva rigidità delle norme del copyright e di allentare le restrizioni sull’export. Mentre parte del mondo chiede sicurezza più stringente e le garanzie di un nuovo sistema di diritti d’autore, i protagonisti del tech spingono sulle soluzioni opposte lamentando eccessive briglie. Ironico considerato che è l’Europa ad essere considerata imbrigliata dalle regolamentazioni proprio in contrasto ai ‘liberi’ USA.
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Si uniscono agli allarmi anche quelli di Dario Amodei, che dal Council on Foreign Relations mette in guardia sul pericolo rappresentato dagli attacchi cyber cinesi diretti da Pechino e orientati a rubare milioni di dollari di segreti industriali.
Non a caso un sondaggio di Accenture svela che tutta Wall Street è sempre più spaventata dagli attacchi cyber, ritenuti più potenti delle capacità tecnologiche delle istituzioni finanziarie stesse.
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Con la questione Russo Ucraina a dominare il dibattito pubblico, le big tech dichiarano fedeltà al potere attuale. Tanto che Google senza dare nell’occhio modifica la pagina dedicata al suo team Responsible AI and Human-Centered Technology, eliminando ogni menzione ai valori di diversità ed equità così come voluto da Trump.
In generale le azioni di Google la mettono in una luce un po’ ambigua, soprattutto per lo scoop del New York Times secondo cui l’azienda possiede (fino a ieri in segreto) il 14% di Anthropic. La notizia è impattante perché nessuno sapeva di una partecipazione così alta di Google nell’azienda degli Amodei (storicamente una ‘protetta’ di Amazon). Fa sorgere dubbi sui reali rapporti tra big tech e startup: quante relazioni economiche e clientelistiche di cui non siamo a conoscenza esistono nel settore tech e quanto dunque dobbiamo credere alla veridicità della competizione tra le aziende?
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Non abbiamo una risposta, ma le sfide commerciali nel frattempo continuano. In pochi giorni Google lancia la nuova Gemma 3, l’open source con il più alto livello di prestazioni su una sola GPU, e presenta poi nuovi modelli AI per la robotica basati su Gemini 2.0, probabilmente per inseguire Magma Di Microsoft. Introduce inoltre la nuova personalizzazione di Gemini attraverso la lettura della cronologia, per rendere il modello sempre più vicino a un assistente personale che sa tutto dell’utente. OpenAI presenta poi una serie di strumenti e API pensati per facilitare lo sviluppo di agenti autonomi, e Anthropic annuncia aggiornamenti alle sue API.
Apple riprende a mantenere la posizione defilata che ne aveva caratterizzato le mosse lo scorso anno e ammette un po’ a sorpresa che gli aggiornamenti generativi di Siri non arriveranno prima del 2026 (quindi, niente gara con l’Alexa+ di Amazon).
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L’assetto competitivo divide anche gli amici. Sviluppi suggeriscono che la partnership tra Microsoft e OpenAI, una delle alleanze simbolo dell’intelligenza artificiale, starebbe attraversando una fase di crisi. Secondo quanto riportato da The Information, Microsoft sembrerebbe orientata verso soluzioni interne per ridurre la propria dipendenza da Altman e soci, in particolare accelerando su una sua nuova AI chiamata MAI.
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E mentre l’innovazione evolve, una interessante teoria si fa largo tra gli addetti ai lavori: siamo sicuri che i test di valutazione regolarmente sbandierati dalle aziende AI per lanciare i loro modelli siano reali? Qualcuno sostiene che i risultati siano inculcati nelle AI fin dall’addestramento: la linea che separa i miglioramenti effettivi della tecnologia dalle semplici strategie di marketing potrebbe essere molto più sottile di quanto abbiamo sempre pensato.
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