Donald Trump ha firmato un ordine esecutivo per lanciare “Genesis Mission”, un’iniziativa governativa che punta a creare una piattaforma integrata di intelligenza artificiale basata sui grandi set di dati scientifici federali.
L’obiettivo principale è di accelerare le scoperte scientifiche usando l’AI per addestrare nuovi modelli, automatizzare esperimenti e velocizzare i flussi di lavoro nei laboratori.
Il governo per l’innovazione
Il Dipartimento dell’Energia e i Laboratori Nazionali collaboreranno per unire supercomputer, dati e ricerca in un unico sistema. Verrà sviluppata una piattaforma chiusa di sperimentazione con AI per generare modelli avanzati e alimentare laboratori automatizzati.
Secondo il Consigliere scientifico della Casa Bianca Michael Kratsios, l’iniziativa permetterà di “sbloccare i dati federali” e ridurre i tempi della ricerca scientifica da anni a giorni o ore.
Il Segretario all’Energia Chris Wright ha sottolineato che l’investimento del governo punta a orientare l’AI verso progressi in settori cruciali come biotecnologia, nuovi materiali, l’energia nucleare, l’esplorazione spaziale, le scienze quantistiche e la microelettronica.
La rottura dello schema americano
L’iniziativa si inserisce nella strategia di Trump per dominare la competizione globale, in particolare contro la Cina. In questo senso è un tassello particolarmente significativo perché ricorda proprio il modello di innovazione statalizzata del colosso cinese.
Come noto, in Cina è lo Stato che accentra dati, ricerca e risorse per accelerare l’AI, mentre negli USA a fare da padrone è l’iniziativa privata. Almeno fino agli ultimi tempi, in cui gli intrecci del governo con Palantir, OpenAI o Google e il sostegno pubblico nello sviluppo dell’AI hanno cambiato percettibilmente il ruolo statale nell’innovazione americana. Genesis Mission rompe ulteriormente lo schema statunitense, perché centralizza i supercomputer e i set di dati pubblici e coordina laboratori, enti e agenzie come un’unica “macchina scientifica”.
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Concessioni strategiche
Seppur il modello del libero-mercato produca innovazione rapidissima, spesso è frammentata e non sempre allineata agli interessi strategici nazionali.
E la nuova corsa contro la Cina sta rendendo evidente a Trump che quando l’innovazione diventa un fattore di potere militare, economico e scientifico, lo Stato non può più limitarsi a osservare. Dunque le big tech non sono più solo aziende ma diventano bracci della sicurezza nazionale, con lo Stato che non “sostituisce” il mercato ma in qualche modo lo incapsula.
A rende il quadro più articolato è un ulteriore nuovo elemento commerciale e geopolitico. Dopo il braccio di ferro da dazi e chip war, Trump starebbe valutando di concedere a Nvidia di vendere i suoi chip avanzati H200 alla Cina, in un allentamento ulteriore dopo la tregua commerciale e tecnologica raggiunta dal Presidente e Xi Jinping. Dal 2022 Nvidia avverte ciclicamente che la limitazione della sua competitività in Cina favorisce rivali stranieri.
Può sembrare controintuitivo, ma la nuova apertura di Trump è una decisione che andrebbe nella direzione di rafforzare gli USA. Replicando (e puntando a superare) il modello AI statale cinese, e allo stesso tempo imponendo la dipendenza dalla tecnologia americana, gli USA trasformerebbero l’export di chip in una leva geopolitica ancora più potente. Decidendo dunque cosa concedere alla Cina e cosa no.
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