Nvidia e AMD verseranno il 15% dei ricavi dalla Cina a Washington

L’accordo - definito da più osservatori "senza precedenti" - riguarda il chip H20 di Nvidia e l’MI308 di AMD

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Nvidia e AMD verseranno il 15% dei ricavi dalla Cina a Washington

Per ottenere licenze di esportazione verso la Cina, Nvidia e AMD hanno accettato di versare al governo degli Stati Uniti il 15% dei ricavi generati in quel mercato attraverso la vendita di alcune linee di chip per l’intelligenza artificiale.

L’accordo – definito da più osservatori “senza precedenti” – riguarda, in particolare, l’H20 di Nvidia e l’MI308 di AMD, progettati per aderire a limiti imposti dai controlli sull’export.

Perché l’accordo è “senza precedenti”

Solitamente, al fine di controllare l’export, un governo concede o nega licenze in base a criteri di sicurezza nazionale. Qui compare una novità: si lega l’autorizzazione a un trasferimento di ricavi verso lo Stato.

Esperti legali interpellati dalla stampa americana hanno sollevato dubbi sulla solidità giuridica del meccanismo (richiamando perfino il divieto costituzionale sulle “export taxes”), oltre al rischio di indebolire la credibilità dell’intero impianto di controlli se il pagamento viene percepito come una ‘sanatoria’ economica.

Quanto vale il 15%?

Per inquadrare gli ordini di grandezza, due numeri: Reuters indica che la Cina ha pesato per circa il 13% dei ricavi Nvidia nell’esercizio chiuso a gennaio (circa 17 miliardi di dollari) e per il 24% di AMD (circa 6,2 miliardi di dollari).

Alcune stime di Bernstein indicano che, senza vincoli, Nvidia avrebbe potuto vendere nel 2025 fino a 1,5 milioni di H20 in Cina (~23 miliardi di dollari di ricavi). Su questa scala, il prelievo del 15% supererebbe i 3 miliardi di dollari.

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Perché potrebbe convenire comunque alle aziende

Nel breve periodo, per Nvidia e AMD la scelta è un classico problema di ottimizzazione: pagare un ‘pedaggio’ per riaprire il canale commerciale più grande al mondo fuori dagli USA. Con margini lordi molto elevati sull’hardware AI, il 15% sui ricavi comprime, ma non azzera l’attrattività, soprattutto se arrivano volumi certi e contratti pluriennali.

Questo patto non è la fine dei controlli tecnologici, ma solo la loro evoluzione pragmatica. Converte una parte del surplus generato dall’accesso al mercato cinese in rendita pubblica per gli USA, mentre consente al settore privato di ridurre l’incertezza operativa.


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