Un tentativo di truffa hi-tech ha recentemente preso di mira un alto dirigente della Ferrari, rivelando una preoccupante tendenza nell’uso dell’intelligenza artificiale per scopi fraudolenti. L’episodio è iniziato con una serie di messaggi WhatsApp apparentemente inviati dall’amministratore delegato, Benedetto Vigna, che alludevano a un’imminente acquisizione segreta. Nonostante il numero e la foto profilo fossero diversi dal solito, i messaggi simulavano lo stile comunicativo del CEO, invitando il dirigente a prepararsi per firmare accordi di riservatezza.
La situazione è poi degenerata con una telefonata in cui la voce deepfake del falso Vigna, ricreata con l’intelligenza artificiale, era quasi indistinguibile dall’originale. Solo alcune sfumature “metalliche” hanno destato il sospetto del dirigente, che ha sventato la truffa chiedendo un dettaglio personale che solo il vero Vigna avrebbe potuto conoscere.
I precedenti
Questo tentativo, fortunatamente fallito, si aggiunge a un caso simile avvenuto a Hong Kong, in cui una società britannica ha subìto una frode da 25 milioni di dollari attraverso l’uso di tecnologie deepfake.
L’incidente Ferrari sottolinea la crescente verosimiglianza delle truffe basate sull’AI, capaci di replicare voci e comportamenti con alta precisione. Rappresenta un campanello d’allarme per le aziende, evidenziando la necessità di implementare protocolli di sicurezza più robusti e di formare il personale a riconoscere queste minacce emergenti.