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L’intelligenza artificiale tra bolle, poesie e potere | Weekly AI

L’intelligenza artificiale tra bolle, poesie e potere | Weekly AI

Weekly AI news è la nostra rassegna settimanale sulle notizie più rilevanti legate al mondo dell’intelligenza artificiale.

La bolla dell’intelligenza artificiale mostra segni di affievolimento, con esperti che avvertono di potenziali correzioni di mercato simili a quelle vissute in altre bolle tecnologiche e investitori preoccupati per la mancanza di ritorno sugli investimenti. In apparente contrasto, però, i risultati finanziari di NVIDIA raccontano (per ora) un’altra storia: la società ha infatti registrato ricavi per 35,1 miliardi di dollari nell’ultimo trimestre, con una crescita del 94% rispetto allo stesso periodo del 2023. Nonostante un lieve calo a Wall Street dovuto a stime conservative per il prossimo trimestre e ai problemi di surriscaldamento delle GPU Blackwell, il titolo mantiene una crescita superiore al 200% da inizio anno.

Ma le innovazioni tecnologiche che questi chip rendono possibili richiedono un prezzo energetico sempre più elevato. Per far fronte a questa sfida, le big tech stanno guardando al nucleare: uno degli ultimi esempi in questo senso arriva da Google e dalla sua partnership, annunciata a ottobre, con Kairos Power, che ha appena ottenuto l’autorizzazione per costruire due reattori di prova in Tennessee. E non si tratta di semplici prototipi: questi reattori di ultima generazione rappresentano il primo passo di un ambizioso progetto che mira a fornire 500 megawatt di elettricità ai data center di Google entro il 2030.

Mentre il settore affronta sfide infrastrutturali ed energetiche, l’AI continua a sorprendere per le sue capacità ‘creative’. Un recente studio dell’Università di Pittsburgh ha rivelato un dato sorprendente: i lettori non solo faticano a distinguere le poesie generate dall’intelligenza artificiale da quelle di Shakespeare e altri celebri autori, ma tendono addirittura a preferirle. Un risultato che solleva interrogativi interessanti sulla natura della creatività stessa. I ricercatori parlano del fenomeno “più umano dell’umano”, secondo cui un pubblico di non esperti è più propenso a giudicare una poesia generata dall’intelligenza artificiale come scritta da un essere umano rispetto a una poesia che è stata effettivamente scritta da un essere umano.

Dalla poesia all’intimidazione il passo è brevissimo, almeno per l’AI. Lo sa bene lo studente universitario americano Vidhay Reddy, il quale ha sperimentato il lato inquietante di Google Gemini quando, dopo una normale richiesta di aiuto per i compiti, il chatbot lo ha improvvisamente attaccato verbalmente, invitandolo a morire e definendolo “un peso per la società”. L’episodio, che Google ha ammesso essere una violazione delle proprie politiche, evidenzia il problema delle allucinazioni dei modelli di linguaggio, che possono generare output inappropriati o pericolosi nonostante i filtri di sicurezza. Le allucinazioni sono dovute al funzionamento stesso dei modelli e la loro origine è da ricercare soprattutto nei dati di addestramento, ma chi lo spiega a tutti gli utenti che ogni giorno si interfacciano con queste tecnologie?

I training data sono al centro di un’altra controversia, quella che si protrae da tempo tra il New York Times e OpenAI. La nota testata, che ha già investito oltre un milione di dollari in questa battaglia legale, continua infatti ad accusare l’azienda di aver utilizzato milioni dei suoi articoli senza autorizzazione per l’addestramento della famiglia GPT. Un caso che potrebbe stabilire importanti precedenti legali in relazione alla pratica, almeno nel sistema di common law statunitense. E proprio questa settimana è stato riportato che la società di Sam Altman ha accidentalmente cancellato prove potenzialmente cruciali per il processo. Un ‘errore volontario’? OpenAI lo definisce un “glitch” e anche gli avvocati del New York Times dichiarano di non avere motivo di sospettare che si sia trattato di una mossa intenzionale.

Buone notizie, invece, per il competitor Anthropic. Da una parte, l’azienda ha lanciato una nuova funzionalità per la rielaborazione automatica dei prompt, che riscrive e rende più efficaci le richieste degli utenti. Una feature che potrebbe migliorare significativamente l’usabilità dell’AI generativa. Dall’altra parte, la Competition and Markets Authority (CMA) britannica ha dato il via libera all’investimento di 2 miliardi di dollari nella startup degli Amodei da parte di Google. Il colosso di Mountain View è da tempo tra i principali sostenitori dell’azienda, ma una nuova iniezione di liquidità potrebbe contribuire a riassetti e future partnership di prodotto.

Intanto, dall’altra parte del mondo, il presidente cinese Xi Jinping lancia un monito durante il G20 di Rio de Janeiro: “L’intelligenza artificiale non può essere monopolio dei Paesi ricchi”. Un messaggio che riflette la crescente tensione geopolitica nel settore tech, criticando implicitamente – ma non troppo velatamente – il dominio tecnologico americano, e che si accompagna alla promessa di nuove iniziative per migliorare l’accesso alle innovazioni nei Paesi in via di sviluppo, delineando una visione più inclusiva dello sviluppo tecnologico globale. Che sia uno spunto di riflessione anche per il Vecchio Continente?



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