Da circa 24 ore, a Redmond (Washington, Stati Uniti), alcuni dipendenti di Microsoft stanno protestando. Fanno parte del gruppo “No Azure For Apartheid” e si sono accampati davanti alla sede dell’azienda per chiedere la fine delle “complicità” fra l’azienda e lo stato di Israele. Il riferimento esplicito è al massacro quotidiano che le forze di difesa israeliane (Idf) stanno compiendo in Palestina da ormai quasi due anni, una situazione che ha portato alcuni giornalisti del Guardian ad accusare Microsoft di complicità.
Dal 2021 infatti Microsoft fornisce all’esercito israeliano la piattaforma Azure, il suo sistema di cloud utile all’archiviazione dei dati. Dati grazie a cui i servizi segreti israeliani monitorano ogni scambio telefonico che avviene in territorio palestinese fra cittadini comuni e organizzano attacchi militari mirati che coinvolgono vittime civili.
Nonostante l’azienda abbia smentito il contenuto dell’inchiesta giornalistica e promesso l’avvio di un’indagine privata per verificarne la veridicità, è proprio da questa circostanza che i dipendenti in protesta vogliono distanziarsi, chiedendo tramite un comunicato la fine della produzione delle “armi digitali” con cui Israele perpetra le sue azioni militari in territorio palestinese.

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