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I colossi si sfidano sul terreno indiano. Mentre Anthropic annuncia l’apertura della sua prima sede in India nel 2026, Google annuncia il suo più grande investimento nel Paese di sempre: un data center da 15 miliardi di dollari. Nonostante l’accelerazione delle “città dei dati”, Jeff Bezos apre a una prospettiva diversa e propone data center nello spazio.
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Al di là delle infrastrutture, è soprattutto la battaglia dei chip a tenere banco questa settimana.
OpenAI sceglie Broadcom per la creazione del suo chip personalizzato, Intel annuncia il lancio di un nuovo prodotto per il 2026 e Meta stringe accordi con Arm per potenziare l’efficienza delle infrastrutture. Intanto la Cina rinforza i controlli sui microprocessori importati nei principali porti del paese.
In generale, è Google la regina del mercato. Oltre a introdurre un aggiornamento del suo strumento di generazione video AI Veo, presenta la piattaforma Gemini Enterprise per le aziende e offre il piano Gemini Pro gratis per un anno agli studenti di Europa, Medio Oriente e Africa.
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In Italia Big G si gode la coda del lancio di AI Mode, anche se finisce nelle cronache per una vicenda controversa che ha a che fare con AI Overview, omonimie e un primario di un ospedale di Verona. D’altronde ci vorrà tempo perché l’azienda impari a gestire il nuovo modello di business del Search AI: probabilmente Google avrebbe fatto a meno di questa trasformazione, che in fondo danneggia sia l’azienda che gli editori. Ma le leggi del mercato non aspettano nessuno e se la concorrenza avanza bisogna rispondere.
A proposito di fretta, continua la pesca a strascico di Meta, che (con buona pace di Mira Murati) recluta il co-fondatore di Thinking Machines Labs, Andrew Tulloch. Nel frattempo Salesforce presenta una nuova piattaforma AI per aziende, mentre Anthropic lancia la nuova versione 4.5 del modello Haiku. OpenAI, invece, punta sul sensazionalismo e annuncia l’intenzione di aprire a contenuti “per adulti” (non è ancora del tutto chiaro in che modo).
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Le grandi banche d’affari hanno i fari puntati sull’AI. Goldman Sachs prevede licenziamenti interni e rallenta le assunzioni, mentre Morgan Stanley smorza i timori di una bolla: secondo i suoi analisti i maxi investimenti in AI saranno recuperati entro il 2028.
A tal proposito si registra un dato da monitorare che riguarda OpenAI: pur con la sua enorme centralità mediatica e tecnologica, è una macchina-brucia soldi. Anche Altman, tuttavia, sembra in parte allineato all’ottimismo di Morgan Stanley e predice che la fine degli anni Venti coinciderà con l’inizio dei ricavi. Detto da lui, però, suona come una rassicurazione per placare gli animi degli investitori. Nel dubbio, le società continuano a scommettere tutto sulla nuova tecnologia.
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Emblematico il caso della società di venture capital DVC, che affida a degli agenti AI la gestione di un fondo da 75 milioni di dollari. La febbre degli agenti AI è tale da contagiare anche l’Italia, dove Datapizza lancia un framework open-source tutto italiano per costruire agenti.
Perdurano ovviamente le preoccupazioni sul cataclisma sociale e occupazionale che, secondo alcuni, sarebbe imminente. E c’è chi propone soluzioni concrete, come Bernie Sanders, che lancia l’idea di una “tassa sui robot” per le aziende che sostituiscono i lavoratori con l’AI.
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Di certo, gli intrecci tra politica, istituzioni, evoluzione tecnologica e lobby tech diventano sempre più stretti. Colpisce in questo senso che l’ex premier britannico Rishi Sunak assumerà ruoli di consulenza in Microsoft e Anthropic e impressiona come i vertici militari inizino a dichiarare apertamente con orgoglio l’utilizzo di ChatGPT per prendere decisioni strategiche.
Negli USA, gli Stati che cercano di regolamentare l’AI per tutelare l’ordine sociale appaiono come bastioni di resistenza. Emblematica, in questo senso, la proposta di legge dell’Ohio che, guardando a un futuro non così lontano, punta a vietare il matrimonio tra esseri umani e intelligenze artificiali.
Sul fronte accademico e di ricerca si moltiplicano poi diversi studi interessanti. Harvard avverte che alcuni modelli AI “da compagnia” sono progettati per manipolare e Anthropic testa la vulnerabilità dei modelli in presenza di incursioni di dati dannosi nei loro dataset: per alterare negativamente un modello da miliardi di parametri, bastano appena 250 documenti.
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Infine, un report confronta la quantità di contenuti scritti da esseri umani e da AI presenti sul web. Emerge che circa la metà delle pubblicazioni online è oggi generata da intelligenze artificiali. Il dato sembra impressionante, ma nasconde un elemento statistico che racconta un’evoluzione inedita: a novembre 2024 i contenuti creati con AI superavano la metà del totale, mentre oggi il trend si è invertito, con una ripresa della produzione umana.
Nonostante l’uso massiccio dell’intelligenza artificiale nella scrittura, dunque, le parole degli esseri umani continuano a esercitare sulle persone un richiamo che le macchine non riescono a imitare.