L’intelligenza artificiale può ‘vedere’, può analizzare le onde sonore e in futuro potrà anche essere dotata di tatto. Diversi ricercatori stanno infatti lavorando allo sviluppo di materiali in grado di percepire la pressione e di riconoscere determinate sostanze chimiche con cui entrano in contatto.
L’intelligenza umana è uno dei principali modelli presi come riferimento da chi si occupa dello sviluppo di sistemi di AI. La struttura stessa delle reti neurali, per esempio, richiama il funzionamento del cervello umano.
Allo stesso modo, al fine di permettere a un software intelligente di interagire con il mondo su diversi piani, si tende a conferire alle macchine funzionalità che richiamano i cinque sensi. Si pensi alla computer vision o al machine listening: la ‘vista’ e l’‘udito’ dei computer.
Gli avanzamenti tecnologici hanno portato anche alla realizzazione di componenti che permettono all’intelligenza artificiale di sviluppare – seppur in maniera limitata – gli altri sensi. Tra questi, anche il tatto.
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Il tatto dell’AI: la pelle artificiale italiana
Diversi studi stanno dimostrando la realizzabilità di una sorta di pelle artificiale che può conferire ai robot la percezione del tatto e non solo.
Tra i gruppi di ricerca che negli ultimi anni hanno lavorato all’impresa c’è il Neuro-Robotic Touch Lab dell’Istituto di biorobotica della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, coordinato dal professor Calogero Oddo. Il laboratorio ha pubblicato su Nature Machine Intelligence – in collaborazione con l’Istituto Italiano di Tecnologia, le Università Sapienza di Roma, Campus Bio-Medico di Roma e Ca’ Foscari di Venezia e con il centro di competenza Artes 4.0 – uno studio sul funzionamento di una pelle artificiale che emula dei recettori chiamati corpuscoli di Ruffini, presenti nella pelle umana.
Ha spiegato Oddo:
“Con questa tecnologia innovativa di tatto artificiale abbiamo dimostrato la capacità di codificare, su un’area larga e con geometria complessa, due proprietà fondamentali e caratteristiche della percezione tattile umana: la localizzazione del punto di contatto e l’intensità della forza con cui un robot interagisce con l’ambiente”.
Altri studi sul tatto dell’intelligenza artificiale
Anche altri ricercatori stanno lavorando allo sviluppo di simili sistemi.
- Wei Gao, ingegnere biomedico del California Institute of Technology, per esempio, ha deciso di realizzare un ‘inchiostro’ costituito da nanomateriali in grado di rilevare la presenza di una specifica sostanza chimica (esplosivi, agenti nervini o anche virus). Lo ha fatto combinando due diversi tipi di sensori: quelli tattili e di temperatura con quelli in grado di rilevare sostanze chimiche.
- Altre ricerche si stanno focalizzando sulla percezione della pressione da parte delle macchine. Il team guidato da Ravinder Dahiya, professore di Elettronica e nanoingegneria e leader del gruppo Bendable electronics and sensing technologies all’Università di Glasgow, ha sviluppato un sensore che utilizza piccolissimi transistor neurali che controllano il flusso elettrico. La pressione sui queste componenti causa una variazione nell’intensità della corrente elettrica tale da permettere anche al robot di ‘sentirla’.
Uno studio simile ha coinvolto, già nel 2015, anche l’Università di Stanford.
- Il gruppo di ricercatori diretto da Anna Maria Coclite, professoressa dell’Istituto di fisica dello stato solido presso l’Università di tecnologia di Graz, in Austria, lavora invece da anni alla realizzazione di una pelle intelligente che presenta 2mila sensori singoli per millimetro quadrato. Il materiale sviluppato risulta ancora più sensibile della punta di un dito umano.
Le possibili applicazioni e il futuro della tecnologia
Una simile tecnologia può avere una molteplicità di applicazioni. Queste spaziano dalla realizzazione di tessuti intelligenti allo sviluppo di robot ancora più simili all’uomo. Ma anche dalla restituzione del senso del tatto a una persona che lo ha perso fino alle funzioni specialistiche tipiche di diversi settori. Come accennato sopra, infatti, alcuni di questi materiali sono in grado di identificare un determinato genere di sostanza chimica.
Attualmente, però, la ricerca è ancora lontana dalla realizzazione di un materiale capace di emulare la pelle umana. Il nostro corpo, infatti, possiede naturalmente migliaia di sensori in ogni sua parte e una tale densità è oggi difficilmente replicabile. Tutto lascia pensare che in futuro, però, ciò non sarà più così impensabile.