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Dall’accordo Gedi-OpenAI ai graffiti sui robotaxi, l’AI avanza con gli occhi bendati | Weekly AI #125

Dall’accordo Gedi-OpenAI ai graffiti sui robotaxi, l’AI avanza con gli occhi bendati | Weekly AI #125

Weekly AI news è la rassegna stampa settimanale curata dai nostri editor sui temi più rilevanti legati al mondo dell’intelligenza artificiale

OpenAI continua ad allungare le mani sull’editoria e questa settimana torna in Italia dopo gli accordi estivi con RCS. John Elkann approfitta dell’Italian Tech Week di Torino, ospite d’onore proprio Sam Altman, per annunciare una partnership tra OpenAI e il Gruppo Gedi che renderà accessibili agli utenti di ChatGPT i contenuti delle testate dell’editore. Elkann arriva secondo nella sfida all’innovazione editoriale, già battuto da RCS, ma l’annuncio è certamente una pietra miliare nella storia dell’editoria italiana. A colpire è lo sciopero della redazione di Repubblica a corollario dell’evento, con mela della discordia proprio le ingerenze commerciali di Elkann all’Italian Tech Week. Che ruolo ha l’accordo con Altman? Intanto anche il Garante della Privacy bacchetta il gemellaggio.

Certo è che più OpenAI cresce, ottiene successi e aumenta il suo monopolio, più scricchiolano le sue fondamenta. La notizia che ha sorpreso la settimana dell’AI è l’abbandono della nave di Mira Murati, direttore tecnico e uno dei volti più noti della società. Murati, nota anche per i suoi occasionali scivoloni comunicativi (celebre la volta in cui non seppe cosa rispondere alla domanda sui dati di YouTube usati dall’azienda), si ritira per dedicarsi a nuove esperienze e lo annuncia proprio in contemporanea al lancio delle nuove voci ultra realistiche di ChatGPT.

Murati è solo l’ultima di una serie di membri storici dell’azienda a fuggire nell’ultimo anno: prima di lei si registrano gli addii di Ilya Sutskever, John Schulman, Jan Leike e l’anno sabbatico di Greg Brockman. Altman ringrazia e come sempre minimizza ostentando la solita serenità. Ma abbiamo imparato a diffidare di questi atteggiamenti con OpenAI. Anche perché dopo Murati lasciano anche Bob McGrew e Barrett Zoph, dell’area ricerca. Che la nuova emorragia abbia un nesso con il processo di definitiva conversione in società a scopo di lucro?

C’è anche una piccola teoria nel web che vorrebbe che le tempistiche dell’annuncio di Murati non siano casuali: un’occasione, già che c’era la possibilità, per distogliere l’attenzione dagli annunci di Meta.

Il veterano gruppo di Zuckerberg, ultimamente piuttosto sottotono, annuncia infatti alcune innovazioni ovviamente a tema AI, durante la sua conferenza annuale. A colpire sono anche nel suo caso le nuove implementazioni vocali (con tanto di accordi con celebrità come John Cena) e soprattutto i nuovi occhiali Orion AR e il nuovo visore Meta Quest 3S. L’azienda continua a puntare su metaverso e realtà aumentata, seppur per ora l’idea non spopoli. La tenacia del Gruppo Meta viene però premiata a Wall Street.

È un bel segnale, tuttavia meglio non scordare l’antipatico mantra della bolla finanziaria. C’è chi non manca di prevederne lo scoppio imminente o quasi, come Jim Covello. Il ricercatore di Goldman Sachs, tra i principali esperti dello scoppio della bolla delle dot-com di fine anni Novanta, ha già firmato un documento di ricerca sul rischio bolla pubblicato a inizio estate in cui sostiene che l’AI starebbe avanzando con gli occhi bendati. Ora al New York Times rilancia l’allarme che deriva dalla sproporzione tra i mostruosi investimenti sull’AI e le modeste rendite.

C’è chi, per tentare di aggirare queste paure con gesti concreti, cerca di portare l’innovazione generativa direttamente dentro l’industria, cercando di creare movimenti economici virtuosi. È il caso di NVIDIA, che annuncia un progetto con Hitachi Rail per il potenziamento dei servizi digitali che l’azienda offre alle compagnie ferroviarie di tutto il mondo. L’innovazione sarà applicata soprattutto nella manutenzione predittiva.

Quello dei trasporti si conferma dunque un campo davvero fertile in cui far crescere l’AI. Ad incrinare questa idilliaca relazione ci pensa un video diventato virale che riprende diverse persone a San Francisco riempire di graffiti un robotaxi automatizzato Waymo, incolonnato sulla strada con un passeggero a bordo che assiste perplesso e impotente alla scena. Da molti descritto semplicemente come distopico e surreale, il video evidenzia una potenziale falla nella sicurezza spesso non considerata quando si parla di AI.

Ammesso e non concesso che l’intelligenza artificiale possa guidare senza causare incidenti (prerogativa base per la guida automatica), chi protegge i passeggeri da altre forme di pericolo o incursione in mancanza di ‘un’autorità’ umana?

Fortunatamente non manca mai chi si interroga su dubbi etici di simile tipo. L’ultimo in ordine di tempo è il Vaticano, che ne discute nell’Assemblea plenaria della Pontificia Accademia delle Scienze, una tre giorni dedicata all’AI e alle sue sfide. Con tanto di ospiti d’eccezione, come il CEO di Google DeepMind Demis Hassabis.

La varietà di pensiero tra impavidi e scettici, di fronte all’evoluzione della tecnologia, è sicuramente rassicurante. Un’alternanza ben simboleggiata, questa settimana, dall’annuncio del regista hollywoodiano James Cameron, suo malgrado uno dei più noti “profeti dell’AI catastrofista”.

Con il suo Terminator ha rappresentato le paure dell’eccesso dell’AI meglio di qualunque trattato teorico. Decide, proprio lui, di entrare nel Consiglio di Amministrazione di Stability AI, azienda madre del modello text-to-image Stable Diffusion. Mentre una parte di Hollywood rifiuta l’implementazione dell’AI per paura di un cataclisma professionale, il regista non solo la sostiene ma diventa parte del suo mercato per condurre l’arte cinematografica a nuovi orizzonti. Con la sua scelta, Cameron incarna contemporaneamente i dubbi e le speranze attorno all’intelligenza artificiale.


Speciale: “Orbits” con Luciano Floridi

Questa settimana, abbiamo avuto il piacere di partecipare alla prima tappa di “Orbits – Dialogues with Intelligence”, show-how innovativo che ha visto sul palco il professor Luciano Floridi, rinomato filosofo dell’informazione specializzato in AI, già docente a Oxford e oggi professore e direttore del Digital Ethics Center dell’Università di Yale. Floridi ha accompagnato la platea del teatro Alcione di Milano in un’esplorazione della natura umana, contrapposta, ma non comparabile, a quella tecnologica.

A margine dell’evento, abbiamo colto l’occasione per intervistare per il professore sull’impatto che l’intelligenza artificiale generativa può avere sull’infosfera. L’AI generativa viene infatti addestrata (soprattutto) con i dati presenti su internet. Ma la sfera digitale vede, accanto ai dati ‘reali’, la presenza di un numero crescente di contenuti di origine artificiale, ricchi di allucinazioni, che vanno a confluire nei futuri dataset di addestramento dei modelli stessi. Un habitat digitale sempre più ‘inquinato’ e difficile da navigare.



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