Com’è davvero lavorare a OpenAI? 12 curiosità sulla più nota società di intelligenza artificiale

Un viaggio guidato da Calvin French-Owen nella cultura aziendale e nei processi interni della società di Sam Altman

7 min.

Com’è davvero lavorare a OpenAI? 12 curiosità sulla più nota società di intelligenza artificiale

In un articolo sul suo blog, l’ex ingegnere di OpenAI Calvin French-Owen ha descritto la cultura aziendale e molti dei processi interni dell’azienda. Owen ha lasciato la società nel giugno 2025, dopo esservi entrato nel maggio 2024. Durante il suo anno trascorso nel gruppo di Altman ha fatto parte del team di 8 persone che ha creato e lanciato Codex. Nessun astio alla base del suo abbandono: in passato il ricercatore era stato fondatore della startup Segment e ha oggi deciso di rimettersi in proprio, forte di un nuovo bagaglio di esperienze.

Il suo articolo è uno spaccato inedito sul funzionamento reale di OpenAI, i cui processi sono spesso avvolti nella segretezza. Ecco alcune delle curiosità più interessanti che ha raccontato:

1. Non si usano email

Nessuno usa email a OpenAI. Ogni comunicazione tra i 3000 dipendenti della società avviene attraverso la piattaforma di collaborazione Slack, un ambiente digitale istantaneo di confronto. “Ho ricevuto forse una decina di email in tutto il tempo che ho passato lì”, scrive Owen. Gli alti dirigenti, tra cui Altman, partecipano attivamente alle discussioni e sono sempre reperibili.

2. Non esistono previsioni trimestrali

OpenAI è una società costantemente pronta a stravolgere piani in base ai cambiamenti del mercato e all’urgenza delle innovazioni sviluppate dai vari team. Ragion per cui non esistono previsioni da rispettare come avviene in multinazionali più rigide come Google. “Quando mi sono presentato, ho iniziato a fare domande sulla roadmap per il trimestre successivo. La risposta che ho ricevuto è stata: ‘non esiste‘. Le buone idee possono venire da qualsiasi parte e spesso non è chiaro in anticipo quali si dimostreranno più fruttuose”. Piuttosto che grazie a un grande “piano generale”, il progresso evolve man mano che le nuove ricerche danno i loro frutti.

3. La meritocrazia valorizza le idee

La meritocrazia all’interno di OpenAI è alta ma non è impostata come in buona parte dei grandi gruppi imprenditoriali. La scalata dell’organigramma non dipende da abilità politiche, sociali o dalla elevata capacità di relazioni con l’esterno. Si evolve all’interno della gerarchia aziendale solo in base alla qualità delle idee proposte e alla visione generale.

4. I team si creano spontaneamente senza chiedere il permesso ai vertici

I progetti di OpenAI si sviluppano in grande spontaneità e i team si creano per una sorta di ‘assembramento dal basso‘ anziché per la volontà dei vertici. Il più delle volte i progetti dipendono dall’intuizione di qualche singolo ricercatore e non sono precedentemente coordinati o stabiliti. Semplicemente, se a qualcuno viene una buona idea è invitato ad approfondirla con l’aiuto dei colleghi che si dimostrano interessati. Se frutterà, diventerà prioritaria. Altrimenti, resterà materiale da studio. In questo senso i ricercatori sono delle specie di manager, o ‘mini-dirigenti’. Il che talvolta porta a un po’ di “anarchia controllata”, funzionale al dinamismo: “Ci saranno stati circa 3-4 diversi prototipi di Codex in circolazione prima che decidessimo di spingere per il lancio”.

La flessibilità dei gruppi di lavoro e l’informalità della loro costituzione contribuiscono anche a snellire fasi che in altri contesti richiederebbero lunghe tempistiche. “Al lancio di Codex, avevamo bisogno dell’aiuto di alcuni ingegneri esperti di ChatGPT per rispettare la data di lancio: il giorno dopo avevamo due persone toste pronte a tuffarsi e dare una mano. Non c’è stato bisogno di ‘attendere la pianificazione trimestrale’ o riorganizzare l’organico”.

5. Tutti leggono compulsivamente X

Tra tutti i social network, X (che Owen continua a chiamare Twitter) è unanimemente riconosciuto in azienda come il canale da monitorare con maggiore attenzione, essendo il luogo virtuale più suscettibile alla viralità di notizie e informazioni importanti legate all’azienda.

Un amico di cui Owen non fa il nome arriva a sostenere ironicamente che “L’azienda si basa sulle vibrazioni di Twitter”.

6. Nonostante la percezione esterna, la sicurezza è considerata importante

Come è noto, negli ultimi mesi molti dei collaboratori principali di Altman e gran parte dei co-fondatori di OpenAI si sono staccati dall’azienda: le motivazioni tirano sempre in ballo i bassi standard in materia di sicurezza. Owen sostiene che in realtà l’azienda sia molto attenta alla questione. Rischi pratici come incitamento all’odio, abusi, manipolazione di pregiudizi politici, creazione di armi biologiche o autolesionismo sono considerati con attenzione. Si percepisce meno urgenza, invece, sui rischi considerati teorici, come l’esplosione di intelligenza fuori controllo o la ricerca del potere.

7. Non divulga la maggior parte delle ricerche

La percezione comune su OpenAI è che abbia abbandonato la dimensione da laboratorio per trasformarsi in azienda commerciale. In realtà la società fa ricerca continuamente, soprattutto in merito alla sicurezza: solo che per la maggior parte, queste ricerche non vengono rese pubbliche. “Gran parte del lavoro svolto non viene divulgato e OpenAI dovrebbe davvero impegnarsi di più per renderlo pubblico”.

8. Ѐ avara di gadget (anche con i dipendenti)

Nonostante sia una delle principali aziende del mondo, OpenAI pare un po’ avara nel rifornimento dei classici gadget aziendali, sia per il pubblico esterno (tipici quelli delle fiere tech o eventi di recruiting) sia per i dipendenti stessi. Esistono però dei momenti mirati per questi ultimi, in cui viene permesso di ordinare articoli disponibili in magazzino. “Il primo ha fatto crollare il negozio Shopify, a causa della forte domanda”.

9. Impone una riservatezza al limite della paranoia

Attorno a OpenAI si inseguono molte dicerie e tutti i collaboratori subiscono pressioni dall’esterno per far trapelare notizie.

Di conseguenza, OpenAI è un luogo molto riservato. I dipendenti non possono rivelare a nessuno su cosa stiano lavorando ed esistono alcuni spazi virtuali su Slack il cui accesso necessita di diverse autorizzazioni. I dati sui ricavi e sulle perdite sono i più protetti. Nonostante questi controlli, talvolta le notizie filtrano ugualmente, tanto che non è raro che i dipendenti scoprano dalla stampa dell’esistenza di progetti che nemmeno erano stati divulgati internamente.

10. Il lasso di tempo tra le idee e la realizzazione è brevissimo

Per realizzare Codex, dal momento della prima idea al lancio finale, Owen e il suo team hanno impiegato appena 7 settimane. Un ritmo pazzesco, comune a tutte le innovazioni e i prodotti dell’azienda. “Non ho mai visto organizzazioni, grandi o piccole, passare da un’idea a un prodotto completamente lanciato e disponibile gratuitamente in un lasso di tempo così breve”.

11. Può succedere di lavorare fino a 17 ore al giorno, weekend compresi

Owen ha affrontato l’anno a OpenAI durante la sua paternità. A ridosso del lancio di Codex lui e tutto il team di 8 persone erano sottoposti a un impegno davvero notevole. “Quasi tutte le notti rimanevo sveglio fino alle 23:00 o a mezzanotte. Mi svegliavo alle 5:30 ogni mattina per un neonato. Tornavo in ufficio alle 7:00. Lavoravo quasi tutti i fine settimana. Ci impegnavamo tutti al massimo come squadra, perché ogni settimana contava”. Ovviamente si è trattato di picchi coincidenti con il rilascio di un prodotto.

12. Non opera come una realtà unica

Questo è il concetto principale per capire l’innovazione organizzativa di OpenAI. La crescita della società è vertiginosa: a maggio 2024 contava 1000 dipendenti. Oggi sono 3000, nonostante questa crescita si registra anche un turnover elevatissimo, che permette di evolvere in processi e mentalità in modo esponenziale. Quasi tutti i dirigenti svolgono un lavoro radicalmente diverso rispetto a circa 2-3 anni fa: chissà dove saranno tra due anni.

Questa natura, unita alla libertà lasciata dalla leadership, fa sì che OpenAI operi più come un insieme di piccole startup che lavorano sotto lo stesso marchio che come un unico ‘monolite’. La sua inedita struttura è uno dei segreti del suo successo.

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