OpenAI continua a crescere e rimane il volto universale della rivoluzione AI, tuttavia è la prima vittima del paradosso numero uno del settore. Secondo un report di The Information, nei primi sei mesi del 2025 l’azienda ha registrato ricavi per 4,3 miliardi di dollari, ma ha “bruciato” 2,5 miliardi in più di quelli entrati. Il segno di una struttura di costi ancora fuori controllo.
Gran parte delle spese dell’azienda vanno in ricerca e sviluppo, infrastrutture di calcolo e compensi azionari, a cui si aggiungono i forti investimenti in marketing e vendite. OpenAI è ben lontana dalle preoccupazioni finanziarie perché dispone ancora di 17,5 miliardi di dollari in liquidità e titoli, riserva che le consente di sostenere la corsa agli sviluppi futuri. Tuttavia la sua posizione, da sola, giustifica le preoccupazioni dei profeti di sventura riguardo il famoso “rischio bolla”.
Rischio programmato
L’obiettivo aziendale di Altman per il prossimo anno comprende già la previsione di un ampio “cash burn”: OpenAI mira al raggiungimento di 13 miliardi di dollari di ricavi, ma conscio di uscite totali stimate intorno ai 21,5 miliardi.
Per un’azienda in piena espansione, queste perdite non sono necessariamente un segnale di crisi: si tratta di una strategia tipica delle big tech che puntano sulla crescita a lungo termine. L’azienda anzi ha già messo in conto perdite simili fino al 2029. Ma il ritmo con cui OpenAI consuma risorse solleva la domanda cruciale: quanto a lungo potrà sostenere questo modello, prima che l’innovazione cominci davvero a costarle troppo?

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