È sempre più diffusa la narrazione dell’intelligenza artificiale che, sfidata su un terreno umano, ci batte superando le aspettative e attirando l’attenzione dell’opinione pubblica.
Uno dei refrain conclamati nei dibattiti che seguono queste notizie è che algoritmi e sistemi di calcolo non possono eguagliare la profondità della nostra mente sorpassandola nelle attività più specificatamente intellettive. Ad oggi è (ancora) una riflessione piuttosto vera, ma esiste un largo ventaglio di opinioni sull’evoluzione di questo aspetto.
Abbiamo provato a elencare i più recenti casi in cui l’AI generativa ha dimostrato di poter gareggiare con gli esseri umani in attività complesse e organizzate, per formulare qualche riflessione.
I temi trattati all’interno dell’articolo
Uno sceneggiatore algoritmico
L’ultimo episodio proviene dal Festival del Cinema di Venezia. Toccando nel vivo le tematiche che circondano gli scioperi hollywoodiani di questi mesi, Writers Guild Italia ha organizzato durante le Giornate degli Autori una piccola sfida uomo/macchina nell’ambito di un incontro dal nome “Intelligenza Artificiale – Opportunità o minaccia?“.
L’evento, realizzato in collaborazione con 100Autori, SIAE e ANAC, consisteva in un match di elaborazione di un’idea di sceneggiatura (in gergo un pitch) che ha visto contrapporsi da una parte lo sceneggiatore Vinicio Canton e dall’altra un sistema di intelligenza artificiale guidato dallo sceneggiatore Andrea Traina.
Scopo della performance era soprattutto quello di ottenere spunti di riflessione, tuttavia è impossibile non soffermarsi sui risultati ottenuti dall’AI. In poco più di mezz’ora, l’intelligenza artificiale ha elaborato un pitch con tanto di sinossi e descrizione dei personaggi e degli ambienti; ha addirittura creato un piccolo trailer esemplificativo del soggetto. Un risultato senz’altro impressionante.
La memoria di un drone volante
Una sfida decisamente più dinamica arriva dagli ambienti accademici svizzeri. Un drone autonomo di nome Swift, sviluppato da alcuni ricercatori dell’Università di Zurigo, ha recentemente sconfitto tre campioni mondiali di corse di droni in una serie di testa a testa.
I campioni, Alex Vanover, Thomas Bitmatta e Marvin Schaepper, sono tutti piloti che vantano diversi titoli mondiali alle spalle. Il robot guidato dall’AI li ha battuti in 15 gare su 25 e ha anche (accidentalmente) infranto il record del miglior tempo umano. La sfida si è tenuta in un apposito ambiente per evitare eventuali danni a cose o persone e i risultati sono stati riportati dalla rivista Nature.
Swift è stato addestrato per gareggiare utilizzando l’apprendimento per rinforzo in simulazioni digitali, come con le AI dedicate agli scacchi e alla dama. Telecamere, sensori e mappatura dei percorsi hanno permesso una simulazione di memorizzazione ‘visiva‘ che ha decisamente avuto la meglio sugli esseri umani. Alcuni scienziati hanno già definito questa ricerca una pietra miliare nell’intelligenza artificiale applicata al controllo di sistemi fisici ad alte prestazioni.
Professionisti robot
Nello stesso quadro possono essere inseriti anche i casi in cui un’intelligenza algoritmica si distingue nei concorsi. Lo studio pubblicato lo scorso febbraio sulla rivista Plos Digital Health, condotto dagli scienziati del provider di servizi tecnologici AnsibleHealth, è molto significativo in questo senso.
In quell’occasione, il team aveva valutato direttamente ChatGPT sottoponendo al chatbot l’USMLE, l’insieme dei tre esami necessari per conseguire la licenza medica negli Stati Uniti. Si tratta di 376 domande in tutto e, per superarle, sono necessarie conoscenze in discipline mediche, biochimiche, bioetiche e un allenamento al ragionamento diagnostico.
Escludendo le domande basate sulle immagini, gli scienziati hanno presentato il test all’AI, che ha ottenuto un punteggio compreso tra il 52,4 e il 75% del totale. Se fosse un essere umano, si tratterebbe del punteggio minimo per superare l’esame. Le risposte fornite da ChatGPT sono state tutte elaborate solo attraverso informazioni contenute nel suo ‘cervello’; come è noto, in quel momento il chatbot di OpenAI non poteva navigare su internet in tempo reale per la ricerca di informazioni.
A gennaio, l’Università del Minnesota aveva fatto svolgere a ChatGPT anche gli esami di giurisprudenza. Seppur non con il massimo dei voti, l’AI ha dimostrato di poter conseguire una laurea in materie giuridiche. Al momento, inoltre, le prime app per fornire avvocati robot che gli assistiti possano utilizzare in aula sono già presenti sul mercato.
Opere false in concorsi veri
È il caso di citare anche la fotografia che ad aprile vinse il prestigioso Sony World Photography Awards, uno dei concorsi di fotografia più importanti del mondo. L’opera, intitolata “Pseudomnesia – The Electrician”, in bianco e nero e ritraente due donne, era stata presentata dal fotografo tedesco Boris Eldagsen e aveva sbaragliato la concorrenza nella categoria “Creatività” della sezione Open.
Peccato però che fosse tutto frutto di un’intelligenza artificiale di nome Stable Diffusion. Eldagsen aveva scelto di partecipare come atto di provocazione, per aprire un dibattito sul tema. “Volevo capire se i grandi premi di fotografia fossero pronti per le immagini create con l’intelligenza artificiale: non lo sono“. Nell’agosto 2022 era successa una cosa analoga con un’opera realizzata da Midjourney che, presentata a un concorso della Colorado State Fair, aveva vinto.
Nuove abilità?
Tutti questi casi presentano una costante. Le intelligenze artificiali sono sempre stimolate attivamente da un team di persone reali, che sottopongono esperimenti che mantengono comunque la finalità di simulare l’umano. A volte le AI vincono, talvolta di poco. Performano, ma lo fanno utilizzando dati raccolti da persone che hanno elaborato azioni di altre persone. Il vero valore aggiunto di queste sfide non è tanto il risultato raggiunto dalle singole AI, quanto la creatività alla base dell’atto stesso di fargliele affrontare.
La sfida tra l’uomo e l’algoritmo è una non-sfida: è in verità un confronto tra l’uomo e l’uomo. Anche quando ci ‘battono’, espressione che interpretiamo comunque secondo parametri molto emotivi e ben poco digitali, le intelligenze artificiali hanno la capacità di mettere l’essere umano nella posizione di misurarsi con se stesso, che di per sé è una cosa buona.
E poi talvolta si può incappare in deviazioni inaspettate. A febbraio, quando pareva che nel difficile gioco della dama cinese Go gli esseri umani non potessero più trovare nessuna nuova strategia per sconfiggere una macchina (il supercomputer AlphaGo aveva battuto il campione mondiale Lee Se-Dol già nel 2016), un giocatore amatoriale di nome Kellin Pelrine è riuscito a battere l’AI in ben 14 partite su 15. Come ha fatto? Ha individuato, attraverso un altro computer, una piccola ma decisiva debolezza del sistema informatico e l’ha sfruttata a suo vantaggio.
Forse, insomma, dovremmo smettere di considerare l’AI uno strumento che ci mette di fronte a dei limiti, ma iniziare a considerarlo qualcosa che ci permette di inventare nuove forme di abilità.