Le prove del presunto salvataggio “artificiale” di NVIDIA (e altre notizie generative) – Weekly AI

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Le prove del presunto salvataggio “artificiale” di NVIDIA (e altre notizie generative) – Weekly AI

Dopo il risultato in borsa di NVIDIA della scorsa settimanaGoogle fa vacillare l’azienda con nuovi chip AI talmente impressionanti che Meta tratta per acquistarli. Le azioni di NVIDIA scendono ma Huang risponde senza pressioni, annunciando che i loro microprocessori sarebbero più avanti di una generazione.

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A questo punto occorre fare un focus su una teoria che, se fosse confermata, fornirebbe un punto di vista nuovo su tutti gli avvenimenti del mercato. Il sempre attento Gary Marcus sospetta che il governo USA comprerebbe immensi ordini di chip NVIDIA per salvare l’azienda da cadute in borsa ogni trimestre, evitando così lo scoppio della bolla. Con nulla più che una semplice telefonata tra Huang David Sacks (consigliere governativo sull’AI).

La prova, per Marcus, risiede nel nuovo programma governativo per l’AI scientifica Genesis, presentato dal governo Trump in questi giorni. Oltre a ricordare lo statalismo tecnologico cinese (un paradosso davvero notevole per Trump), l’iniziativa sarebbe un pretesto del governo per comprare legittimamente tecnologia americana nei momenti delicati rimandando gli inciampi finanziari.

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Quindi gli interessi governativi statunitensi nell’AI non servirebbero solo per rafforzare un assetto di difesa anti-cinese. L’impegno statale sarebbe una vera e propria assicurazione sulla vita del settore AI. Forse è per questo che gli investimenti procedono senza freni: sono tutelati. E le iniziative non si fermano. Da Meta che vuole entrare nel mercato energetico statunitense ad Amazon, che annuncia 65 miliardi di dollari di investimenti negli Stati Uniti fra AI governativa e nuovi data center.

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Al tutto si aggiunge uno scenario di inedita vicinanza degli USA a Taiwan (in virtù del comune avversario): il colosso Foxconn investe in America e si allea con NVIDIA OpenAI, mentre a loro volta le big tech cinesi formano i modelli AI all’estero per aggirare le restrizioni statunitensi. In questo contesto emergono anche piccoli segnali dalla Russia, fino ad oggi relativamente defilata nella rivoluzione AI.

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Non c’è solo la politica estera, esistono forze interne agli USA che tengono d’occhio anche i rischi interni. Una nuova normativa previene l’uso di AI per atti terroristici e una proposta di legge prevede fino a 30 anni di carcere e 2 milioni di dollari di multa per punire le truffe artificiali, anche deepfake. Un problema centrale nella tenuta della società, anche vista la nuova incredibile qualità delle immagini di Nano Banana Pro, di cui Google si gode i risultati mentre guarda al sostegno delle startup AI indiane

Resta in alto anche il tema dell’occupazione. Questa settimana è la storica Hewlett-Packard ad annunciare tagli fino al 10% dei dipendenti per fare largo alle nuove innovazioni generative.

Innovazioni che a livello globale rimangono trainate soprattutto da OpenAI.

Secondo previsioni interne, l’azienda raggiungerà 220 milioni di utenti paganti su ChatGPT entro il 2030. L’azienda rafforza le sue proposte, introducendo la funzione “Shopping Research” su ChatGPT per gli acquisti e lanciando la funzione chat di gruppoSam Altman e Jony Ive, inoltre, tornano a parlare del rivoluzionario hardware che nelle loro intenzioni ridefinirà il concetto di device: forse lo vedremo tra meno di due anni.

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Nonostante gli entusiasmi, l’azienda gestisce la consueta dose di controversie: prima un attacco informatico mette a rischio alcuni dati personali degli utenti, poi si aggiunge un capitolo per un’inquietante questione giudiziaria su uno dei tanti, troppi, suicidi per “psicosi da AI“. Gli avvocati di Altman dichiarano che un ragazzo minorenne che si è tolto la vita lo scorso aprile incoraggiato da ChatGPT, avrebbe usato la tecnologia in modo “improprio”. Rimandando così a lui stesso la responsabilità di utilizzo del software.

L’elemento centrale sottolineato dalla famiglia è proprio la facilità nel superare dei blocchi e guardrail. Sono sempre di più gli studi che evidenziano le falle in questo senso. L’ultimo, tutto italiano, sostiene che con molti modelli si possono aggirare le restrizioni componendo prompt in forma poetica.

Come sempre i dibattiti riguardano anche l’uso e l’abuso dei dati.

L’Antitrust italiano stringe la presa su Meta l’indagine sui dati per l’AI (e sulle documentazioni ambigue presentate agli utenti) si allarga a WhatsApp.

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E dal mondo della musica invece arrivano esperimenti di incontro tra gruppi editoriali e big tech. Tre major discografiche stringono un‘alleanza con la startup di streaming musicale AI Klay e soprattutto Warner firma con Suno uno storico accordo per un generatore musicale “ufficiale” con materiale protetto da copyright.

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Arriva anche un bell’esempio di applicazione dei dati con AI. Due ingegneri di Google creano un progetto divulgativo simulando una finta casella di posta elettronica di Jeffrey Epstein di nome Jmail. Un esperimento interattivo per consultare i famosi file sul caso de-secretati negli Stati Uniti. Un modo di fare informazione possibile solo grazie alle nuove tecnologie.

E l’informazione all’epoca dell’AI è davvero in subbuglio e vale la pena seguire nuovi approcci e professioni. Come i GEO specialist, professionisti che lavoreranno sull’indicizzazione delle informazioni nei chatbot, destinati a sostituire i motori di ricerca. Un cambiamento profondo che richiederà a tutti, persone e organizzazioni, nuove forme di adattamento e creatività.


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