La Cina starebbe accelerando sulla censura basata sull’intelligenza artificiale

L'AI rappresenta un salto di qualità per la censura di Pechino

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La Cina starebbe accelerando sulla censura basata sull’intelligenza artificiale

Secondo un’analisi del China Media Project, la Cina starebbe accelerando lo sviluppo di un complesso sistema di censura automatizzata basato sull’intelligenza artificiale, capace di filtrare e bloccare in tempo reale contenuti ritenuti sensibili: dalle critiche al Partito Comunista alle discussioni su eventi storici come la strage di Tiananmen (di cui molto si è già discusso in occasione del lancio di DeepSeek).

La Cyberspace Administration of China impone regole sempre più severe alle aziende che sviluppano chatbot e modelli linguistici: devono “promuovere i valori socialisti” e ottenere autorizzazioni governative prima di essere messi sul mercato. I risultati sono evidenti: assistenti virtuali come ERNIE Bot e Tongyi Qianwen eludono domande politiche, cancellano risposte già scritte o cambiano discorso. I filtri di DeepSeek, che fino a pochi mesi fa orientavano le risposte in una visione filo-comunista, ora appaiono più spregiudicati e netti.

Dietro questa apparente rigidità c’è un lavoro tecnologico imponente: enormi database catalogano centinaia di migliaia di espressioni proibite, alimentando algoritmi che classificano i contenuti in decine di categorie sensibili. La censura diventa così predittiva, rapida, invisibile. Ad un livello del tutto nuovo rispetto a quanto fatto in precedenza.

E fuori dai confini cinesi cresce la preoccupazione: attivisti e osservatori temono che questi modelli possano essere esportati.

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