La Cina risponde agli USA e lancia il visto K per attrarre talenti: che effetti avrà sull’AI?

Pechino tenta di proporsi globalmente come una valida alternativa agli Stati Uniti per diventare un polo attrattivo per i talenti tecnologici

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La Cina risponde agli USA e lancia il visto K per attrarre talenti: che effetti avrà sull’AI?

In cosa consiste il visto K

Questa settimana prenderà il via la nuova politica cinese del visto K, una strategia lanciata per attrarre talenti tecnologici stranieri e rafforzare la posizione della Cina nella sfida geopolitica, economica e tecnologica con gli Stati Uniti.

Pechino non ha un’effettiva carenza di ingegneri tecnologici qualificati, ma la mossa è importante perché rappresenta uno sforzo più ampio del paese nel presentarsi come alternativa valida e attraente nei confronti degli investimenti stranieri e contrastare il rischio di isolamento economico dovuto all’imposizione dei dazi statunitensi.

Il visto K, annunciato ad agosto dal governo cinese, permette l’ingresso nel paese a stranieri laureati in materie scientifiche, tecnologiche, ingegneristiche e matematiche (STEM) garantendo la permanenza anche senza un’offerta di lavoro.

Pechino sfida Washington

La nuova strategia cinese è interessante per la sfida con Washington perché arriva in risposta alla decisione dell’amministrazione Trump di imporre una tassa da 100.000 dollari all’anno sulle aziende tecnologiche statunitensi che si servono del visto H-1B per impiegare talenti stranieri. Questa decisione, definita come una “zappa sui piedi” dal capo stratega di Geopolitical Strategy Michael Feller, introduce un potente disincentivo per le aziende del settore nell’applicare il già complesso visto H-1B.

Il visto H-1B richiede infatti la sponsorizzazione del datore di lavoro ed è soggetto a un sistema di estrazione a sorte, con solo 85.000 posti disponibili all’anno. Nel 2024 i lavoratori indiani sono stati i principali beneficiari con il 71% dei visti ottenuti.

Effetti sul mercato globale dell’AI

Anche se è piuttosto complicato fare una previsione attendibile sull’efficacia del visto K e sulle implicazioni della combinazione di politiche cinesi e statunitensi, nel lungo periodo si potrebbe realizzare una decentralizzazione del monopolio degli USA sui talenti globali dell’AI.

La Cina potrebbe guadagnare un vantaggio competitivo qualora riuscisse ad offrire un ambiente favorevole di ricerca e innovazione, inducendo gli Stati Uniti a orientarsi sulla ricerca interna di talenti e ad investire sulla formazione interna rendendo così il mercato dell’AI globale multipolare.

Il caso italiano

Il tema in questione porta anche a fare un necessario collegamento con il caso e la situazione italiani. Il nostro paese è segnato da una scarsa capacità di trattenere i talenti tecnologici che forma internamente con una preparazione di alta qualità.

Nel mercato del lavoro AI italiano c’è anche un grande divario nella distribuzione dei talenti. Alcune città del nord-est vantano un buon tasso di professionisti specializzati in AI, mentre nel resto del paese si fatica a trovarne. In tutto questo bisogna aggiungere un forte squilibrio di genere a favore degli uomini, che ricoprono la grande maggioranza delle posizioni sia senior che entry-level in AI.

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