In un’intervista a Repubblica il filosofo e direttore del centro sull’etica digitale dell’università di Yale Luciano Floridi ha parlato dell’impatto dell’intelligenza artificiale sul mondo del lavoro. “Esiste un tipo di disoccupazione – ha spiegato lo scienziato – che si verifica quando le imprese cercano personale ma non trovano sul mercato le figure di cui hanno bisogno. La disoccupazione che rischia di crearsi con l’avvento dell’intelligenza artificiale è di questo tipo“.
Secondo Floridi attualmente l’Italia è indietro con le figure professionali necessarie per il lavoro dell’era AI, ma non per questo è destinata ad arrancare. “L’impatto significativo sull’economia dell’AI avverrà nell’arco dei prossimi 3-5 anni, quindi abbiamo tempo“.
Quello che occorre è un piano di formazione: i paesi che guidano l’avanzata digitale come USA, Corea del Sud e Giappon, hanno negli anni investito molto su questo aspetto, anche per approccio culturale. Floridi ha spiegato che l’Unione Europea dovrebbe essere in prima linea in questa sfida, con numerose iniziative di ricerca e sviluppo.
E nonostante il predominio americano sia fuori discussione il filosofo sottolinea un elemento positivo: “Il costo di un nuovo progetto di intelligenza artificiale è una frazione di quanto speso da OpenAI per mettere in piedi ChatGPT”.