La Bank of England avverte che un’improvvisa correzione nei mercati finanziari globali appare più probabile, alimentata da una spasmodica corsa agli investimenti nell’intelligenza artificiale. Secondo il comitato per la politica finanziaria, le valutazioni azionarie — in particolare quelle delle società tecnologiche che puntano sull’AI — sembrano ormai “tirate” al limite.
Il timore principale è che, se le aspettative sull’impatto dell’AI dovessero rivelarsi troppo ottimistiche, i mercati sarebbero esposti a perdite pesanti. Alcuni analisti parlano già di una bolla molto più grande di quella dei dot-com: secondo stime citate, sarebbe 17 volte più vasta rispetto a quella degli anni ’90.
Tra le voci critiche, quella dell’investitore Ruchir Sharma avverte che l’economia statunitense è diventata “una grande scommessa sull’AI”: se questa scommessa fallisse, la caduta potrebbe coinvolgere settori ben oltre la tecnologia. Altri definiscono il fenomeno una vera e propria euforia collettiva, sostenuta da investitori retail che affollano il mercato, mentre i benefici reali restano concentrati tra i più ricchi.
Non manca chi, come Jeff Bezos, “rovescia” l’ansia da bolla, sostenendo che uno scoppio possa essere salutare: dopo il disordine, i veri vincitori emergerebbero, e le innovazioni rimarrebbero. D’altronde è esattamente quanto avvenne all’epoca della bolla delle dot-com.
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