Gli scacchi sono considerati da sempre ben più di un gioco, spesso una metafora della vita. Soprattutto negli scenari competitivi.
Esiste, negli scacchi, una situazione particolare, lo Zugzwang: è un termine tedesco che foneticamente già sussurra qualcosa di poco piacevole, letteralmente significa “costretto a muovere”. Il giocatore in questa situazione deve fare una mossa, ma qualsiasi mossa possa compiere lo danneggia. Google, con l’introduzione dell’intelligenza artificiale nelle sue ricerche, è esattamente in uno Zugzwang. Per comprendere il motivo dobbiamo andare per ordine e partire dall’inizio.
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L’introduzione di AI Overviews
Negli ultimi mesi, le ricerche online hanno vissuto una trasformazione senza precedenti. Non si tratta di un semplice aggiornamento tecnico, ma di un cambio di paradigma: l’intelligenza artificiale è entrata nel cuore di Google e ha ridisegnato la dinamica tra chi produce contenuti e chi li fruisce.
Con l’introduzione delle AI Overviews, i riassunti automatici proposti da Google, l’utente ottiene direttamente la risposta alla propria domanda senza la necessità di cliccare sui link dei siti che quelle informazioni le hanno costruite con lavoro e investimenti. La conseguenza è la cosiddetta zero-click search, un fenomeno che che oggi mette in crisi l’intero sistema editoriale.
Gli utenti non cliccano più
I dati parlano chiaro. Secondo una ricerca di Authoritas, un sito precedentemente classificato al primo posto nei risultati di ricerca potrebbe perdere circa il 79% del suo traffico per quella query se i risultati fossero forniti al di sotto di una panoramica AI. Un terremoto colossale che polverizza enormi investimenti a tutti i livelli.
Sulla stessa linea, uno studio del Pew Research Center mostra che la presenza dei riassunti generati dall’AI rende gli utenti quasi due volte meno propensi a cliccare sui link delle pagine di ricerca rispetto a quando tali riassunti non sono presenti. Testate come MailOnline hanno visto riduzioni del 56% su desktop e del 48% su mobile nelle query in cui compaiono le risposte automatiche. Per gli editori un colpo devastante, che si traduce in meno lettori, meno introiti pubblicitari, meno rilevanza pubblica. Non stupisce che molti abbiano alzato la voce accusando Google di volerli danneggiare.

La mossa obbligata che danneggia anche Google
Mountain View, arrampicandosi sugli specchi, ha replicato sostenendo che i dati in suo possesso indicherebbero click di maggiore qualità verso i siti e che i riassunti in ogni caso contengono link a siti di approfondimento.
La verità è però che Google è altrettanto danneggiata da questa sua mossa poiché il suo modello di business si basa anch’esso sul numero delle ricerche effettuate e dello scrolling della pagina che, se si riducono drasticamente, abbattono le entrate pubblicitarie. Perché allora ha fatto una mossa che la danneggia e danneggia anche gli editori? Per sopravvivenza.
L’intelligenza artificiale, ChatGPT per esattezza, è la minaccia emergente. Ed è molto concreta. Le aziende della dimensione di Google possono fallire solo quando nasce qualcosa che sostituisce la funzione. Gli smartphone hanno reso inutile la macchina fotografica, circoscritta ormai a nicchia. La musica digitale i CD. Spotify tutta la tradizionale distribuzione. Netflix sta eliminando la tv tradizionale e il cinema. E, via dicendo, i casi sono molti. La storia del Neanderthal e dell’homo sapiens che si ripete.
ChatGPT è ben più del sapiens perché non solo ci trova le informazioni, ma le elabora, le fonde, le sintetizza riducendo drasticamente il tempo e la fatica cognitiva (fattore da non trascurare). Un cambio di paradigma che può rendere il motore di ricerca improvvisamente obsoleto. E questo Google lo comprende molto bene. Per questa ragione è finita in uno Zugzwang: è stata costretta a muovere in una direzione che la danneggia per andare a competere extrema ratio direttamente nel terreno del nemico emergente.
Strategia o istinto di sopravvivenza?
Non si sta parlando di conquistare più mercato, si sta parlando di sopravvivere ad un cambio di paradigma. Non dimentichiamo che ha anche varato un competitor diretto che è Gemini. La sua mossa, dal punto di vista strategico, va letta sotto due aspetti: cercare di limitare la perdita di utenti fornendo una sintesi ragionata e ridurre e rallentare il più possibile la crescita dell’avversario.
Non dimentichiamo che quello che sta accadendo a Google sta avvenendo anche per tantissimi altri settori e professioni. Nei prossimi anni il mondo verrà riscritto nuovamente, come è accaduto negli anni 2000.
Gli editori che ora credono che il nemico sia Google non hanno ben capito la trasformazione in atto. Non comprendono che la fruizione dell’informazione sarà intermediata da sistemi come ChatGPT e in un tale scenario il modello pubblicitario attuale perde senso. Attendiamo le prossime mosse.
Articolo pubblicato su Prima Comunicazione.