Prima lo aveva detto nel suo blog, “siamo a qualche migliaio di giorni di distanza dall’Intelligenza Artificiale Generale”. Poi lo ha ripetuto pochi giorni fa durante una convention, “l’AGI è raggiungibile con l’hardware attuale”. E Sam Altman non è l’unico a sostenere che l’innovazione tecnologica sia a un passo dall’abbattere quello che solo pochi anni fa sembrava un muro insormontabile, una sorta di chimera fantascientifica.
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AGI, vicini o lontani, ma con cautela
Anche il fresco Premio Nobel per la Chimica Demis Hassabis, CEO di Google DeepMind, già un anno fa sosteneva che l’arrivo di macchine con capacità cognitive paragonabili a quelle umane è più vicino di quanto si pensi, forse addirittura entro un decennio. Siamo dunque vicini a quella forma di superintelligenza su cui gli esperti di intelligenza artificiale discutono da tempo, o si tratta piuttosto di un hype funzionale soprattutto all’attrazione di attenzione e investimenti?
Immaginare un’AGI (intelligenza artificiale generale), significa pensare a una forma di intelligenza che eguaglia quella umana, e questo significa avere a disposizione potenziali agenti in grado di svolgere una pluralità di compiti complessi, con autonomia decisionale e capacità di leggere la realtà su più dimensioni. È possibile pensare a una tecnologia simile?
“Partiamo dalle basi: cos’è l’intelligenza e cosa intendiamo per intelligenza artificiale?”, chiarisce Fabrizio Degni, Ethics and Governance AI Researcher, “trovo affine al mio pensiero una declinazione attribuita, in modo improprio, a Jean Piaget: sapere cosa fare quando non si sa cosa fare. Non è un gioco di parole, ma esprime l’essenza del pensiero umano e la sua natura unica e, per quanto mi concerne, non replicabile: la capacità di intuire, creare, sviluppare senza che vi sia un motivo fondante o scatenante”. Sembra quindi necessario mantenere una certa cautela nei confronti della possibilità di vedere nascere una forma di intelligenza simile a quella umana.
Un dibattito ancora aperto
Se le dichiarazioni di molti grandi imprenditori ed esperti della Silicon Valley sembrano tirare la volata all’AGI, occorre comunque mantenere prudenza. “Il dibattito sull’Intelligenza Artificiale Generale è diventato un tema di grande attualità”, commenta Emanuele Frontoni, Professore Ordinario UNIMC e Co-Directore del VRAI Vision, Robotics & Artificial Intelligence Lab. “Tuttavia, nonostante i progressi recenti nell’AI, è necessario mantenere un approccio scientificamente robusto. L’AGI, intesa come una forma di intelligenza generale paragonabile o superiore a quella umana, rappresenta un obiettivo lontano e le evidenze scientifiche sono poche e molto discusse.
I sistemi attuali di AI, per quanto avanzati, restano specializzati, capaci di eccellere in compiti specifici, ma privi della flessibilità e della comprensione che caratterizzano l’intelligenza umana. Le recenti conquiste nel campo del machine learning, in particolare con i modelli di linguaggio di grandi dimensioni come GPT-4, dimostrano una capacità sempre maggiore di questi sistemi, ma non si può parlare ancora di AGI nel senso stretto del termine”.
Non è un dibattito terminologico, ma di sostanza, poiché parlare di AGI significa parlare di un’intelligenza equiparabile a quella umana. Come la definisce la stessa Amazon, l’AGI è un campo di ricerca teorica sull’intelligenza artificiale che tenta di creare software dotato di un’intelligenza simile a quella umana e della capacità di autoapprendimento capace di eseguire attività per le quali non è stato specificamente addestrato o sviluppato. Ma prima di parlare di differenze tra AGI e intelligenza umana, occorre ancor prima soffermarsi sulle differenze tra AI e capacità umane.
“È chiaro che se da un lato c’è l’intelligenza umana”, prosegue Fabrizio Degni, “che può contare sull’unicità delle emozioni, della sensorialità, del contesto, dell’empatia o anche dei differenti stati d’animo che possono, tra gioia ed allegria, amore o odio, passione o disinteresse, influenzare in modo unico ed imprevedibile il pensiero, il modo di ragionare, e quindi di dialogare, dall’altra parte c’è invece il risultato del nostro intelletto, emulato e mimato con sì supercomputer in grado di eseguire un numero soverchiante di calcoli e simulazioni, rispetto al nostro, ma che si trova a confrontarsi con una conoscenza illimitatamente limitata proprio perché confinata ai dati del suo addestramento”.
La corsa all’AGI
Le differenze con le capacità umane non sembrano però fermare la corsa delle Big Tech, che per voce dei loro leader sembrerebbero essere in vista del traguardo. Da cosa può essere determinato questo forte interesse nel raggiungere l’AGI?
“La corsa all’AGI è spinta da molteplici fattori”, riprende Emanuele Frontoni. “Da un lato, vi è una competizione scientifica e tecnologica globale: raggiungere per primi l’AGI significherebbe ottenere un vantaggio competitivo senza precedenti e dominare il futuro dell’AI, con implicazioni geopolitiche ed economiche. Dall’altro, le aziende che operano nel campo dell’intelligenza artificiale, come OpenAI, DeepMind e NVIDIA, utilizzano questa prospettiva per attrarre investimenti e consolidare la loro leadership nel settore, generando un forte interesse mediatico e finanziario.
Le promesse di un’AGI, infatti, contribuiscono a creare un hype che aumenta il flusso di capitali verso questi progetti, alimentando ulteriormente la competizione. Tuttavia, al di là del marketing e della competizione tecnologica, esiste un interesse reale per le potenzialità dell’AGI, in grado di affrontare problemi globali come la medicina, il cambiamento climatico e l’energia”.
Ovviamente un possibile arrivo dell’AGI riproporrebbe su più larga scala l’attenzione a una serie di tematiche etiche e sociali come le ricadute occupazionali, la necessità di stabilire adeguati livelli di governance, responsabilità e privacy, tutti temi che abbiamo iniziato a vedere già con l’arrivo dell’AI generativa. L’alternativa è duplice, da una parte potrebbe essere solo questione di tempo, come sostengono NVIDIA e Google, dall’altra di reale possibilità di raggiungere un risultato simile.
“La storia dell’AI è costellata di previsioni non realizzate”, prosegue Frontoni, “e l’AGI potrebbe rientrare tra queste. Nonostante i risultati straordinari già ottenuti, il percorso verso una vera intelligenza artificiale generale è ancora lungo e potrebbe richiedere decenni prima di tradursi in una realtà concreta”.