Dal Telegraph a Fortune fino a molti utenti di X: nelle ultime settimane le voci del malaugurio che predicono l’inizio di un periodo di declino dell’AI sono sempre di più. Il tema del famoso scoppio della bolla è già piuttosto abusato (da anni), tuttavia l’estate 2025 ha sollevato segnali che non vanno sottovalutati.
Alzano le antenne le assicurazioni
Studi recenti mostrano che la maggior parte degli investimenti in AI non produce ritorni significativi. L’affidabilità di molti dei principali sistemi generativi rimane bassa rispetto alle aspettative, tanto che alcune assicurazioni hanno iniziato a offrire pacchetti per fronteggiare eventuali problemi di prestazioni dell’intelligenza artificiale.
L’enorme capitale speso per modelli e data center spesso non crea un reale vantaggio competitivo, mentre modelli open source e concorrenti cinesi riducono i costi e livellano il campo di gioco.
Rivoluzione o nicchia?
Il lancio di GPT-5 ha confermato che spendere di più non garantisce risultati migliori. Il dibattito attorno all’AI si concentra anche molto sulle estremizzazioni sociali ed economiche, come la svalutazione dell’istruzione, la distruzione dei mercati creativi e rischi per la sicurezza. A differenza della bolla delle dot-com, non è chiaro se esista una domanda latente che possa rilanciare il settore.
Per quanto in molti (su tutti il severo critico Gary Marcus) ritengano che l’AI continuerà a essere il nuovo elemento chiave in nicchie come analisi dei dati e servizi linguistici, il prossimo “inverno dell’AI” potrebbe essere il più freddo di sempre, con impatti duraturi su investitori e aziende.