La Commissione Ue cede alle pressioni esterne
Dopo le anticipazioni giornalistiche di inizio mese, la Commissione europea ha ceduto alle pressioni di amministrazione Usa e big tech e ha deciso di intervenire sull’AI Act per ritardarlo. L’organo esecutivo dell’Ue ha rinviato al 2027 l’entrata in vigore di uno dei capitoli più importanti e rappresentativi della legge, ovvero quello dedicato ai sistemi di intelligenza artificiale definiti ad alto rischio.
Nell’AI Act, i sistemi ad alto rischio sono quelli che sono stati riconosciuti come potenzialmente dannosi per la salute, la sicurezza, i diritti, l’ambiente e la democrazia. Per scongiurare rischi di questo genere, l’Unione aveva ideato delle misure che sarebbero dovute entrare in vigore ad agosto 2026, ma con il recente intervento queste sono slittate a dicembre 2027, nuovo termine entro cui le imprese dovranno adottare gli standard per conformarsi alla legge.
Le nuove priorità di Bruxelles
A Bruxelles le priorità sono cambiate. Se prima la Commissione puntava sulla regolamentazione dell’AI per creare una sfera di protezione sociale nei confronti dell’adozione su vasta scala dell’AI, oggi la necessità di ‘liberare’ l’innovazione sembra prevalere. Negli ultimi mesi, in diverse occasioni l’AI Act è stato messo nel mirino da aziende e personalità importanti della politica e del mondo economico-finanziario, perché ritenuto un freno al processo di innovazione.
Insieme alle norme sui sistemi ad alto rischio, nella proposta omnibus digitale dell’Ue è stata rimandata anche l’entrata in vigore della normativa sulla protezione dei dati. Questo permetterà alle imprese di AI di avvalersi dell’interesse legittimo per usare i dati senza chiedere il consenso espresso degli utenti, una concessione al ribasso per i diritti e la sicurezza dei cittadini.
Le critiche alla decisione della Commissione
Molto dure le reazioni delle organizzazioni a difesa della privacy, che denunciano “un grave arretramento” e un atteggiamento morbido e di favore nei confronti degli interessi delle industrie tecnologiche. L’ex commissario Ue al Mercato interno e padre dell’AI Act Thierry Breton, dimessosi a settembre 2024 in polemica con la presidente Ursula von Der Leyen, ha accusato gli Stati Uniti di essere dietro ai tentativi di smantellamento delle leggi sul digitale, esortando gli ex colleghi a non fare “gli utili idioti” di Washington e a preservare l’integrità dei pilastri digitali dell’Ue che sono espressione di “sovranità”. Sulla decisione è intervenuto anche il relatore dell’AI Act al Parlamento europeo Brando Benifei, che ha definito le modifiche alla legge come “un grande favore alle big tech”.
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