L’AI Act sta facendo litigare un bel po’ di persone: ce ne siamo accorti all’AI Week

Alec Ross ha definito l'AI Act "scartoffie", Brando Benifei una facilitazione per il mercato, Guido Scorza crede nel bilanciamento. Chi ha ragione?

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L’AI Act sta facendo litigare un bel po’ di persone: ce ne siamo accorti all’AI Week

Guido Scorza sul palco dell'AI Week 2025

Durante l’AI Week 2025 sono emersi i grandi temi che contraddistinguono il settore generativo europeo. Agenti AI dappertutto (con un’attenzione inedita alle debolezze dei modelli, come allucinazioni e bias), tante preoccupazioni climatiche e ovviamente il ‘macigno’ delle normative europee contenute nell’AI Act. Alcune voci hanno parlato forte e chiaro in netto contrasto le une con le altre, in quello che è parso il dibattito chiave della nostra epoca.

“Scartoffie e stupidaggini”

Il divulgatore e autore americano Alec Ross, esperto di politiche tecnologiche di stanza in Italia da molti anni, non ha mancato durante una conferenza con la stampa di definire l’intero corpo legislativo dell’AI Act “370 pagine di stupidaggini” e “scartoffie, ricordando che le mancanze tecnologiche europee hanno scavato un gap che prosegue da tre decenni. “Negli ultimi 30 anni la partita è stata giocata tra USA e Cina, l’Europa è solo l’arbitro”. Secondo Ross, mentre assistiamo alla nascita di una rivoluzione tecnologica (per la quale rifiuta la categorizzazione di ‘bolla’), la ricopriamo di normative vincolanti che poco hanno a che vedere con gli effettivi diritti. “È come fare una gara con uno zaino pieno di sassi. Parlare di privacy e valori europei è solo una questione teatrale: nell’AI Act non ci sono diritti”.

La deriva che descrive Ross ha effetti visibili nella realtà. In Europa le aziende AI si stanno in sostanza spontaneamente dirigendo verso l’applicazione dell’AI nella creazione di gestionali per il controllo dati. Non esattamente il primo esempio che viene in mente quando si parla di innovazione tecnologica. È paradossale ma sembra che durante la più grande rivoluzione tecnologica dei tempi moderni, l’Europa usi un sacco di energie non tanto per cavalcarla, quanto per gestire le normative che la regolano. Normative che si è imposta lei stessa.

Le posizioni opposte però portano osservazioni di grande urgenza e importanza.

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La via per la semplificazione

La visione di Ross contrasta infatti completamente con quella di altri due illustri ospiti dell’AI Week, quali l’eurodeputato Brando Benifei e il membro del Garante della Privacy Guido Scorza. Le differenze tra i due blocchi hanno portato ad un sottile senso di interessante tensione che si è insinuato indirettamente in ogni dibattito della due-giorni.

Poco prima delle esternazioni di Ross di fronte alla stampa, Benifei aveva difeso appassionatamente le normative dal Main Stage. Anzi le ha presentate proprio come un lasciapassare per permettere all’Europa di sviluppare un proprio mercato, all’insegna di fiducia, trasparenza e gestione dei rischi.

Lo sforzo dell’AI Act è quello di semplificare – ha dichiarato – offrendo un regime unico per tutta Europa, evitando norme diverse per ogni Paese. Non ha niente a che fare con i limiti nello sviluppo dell’AI: si applica a coloro che vendono dei prodotti nello spazio europeo e vieta casi d’uso specifici. Su tutti polizia predittiva, riconoscimento biometrico o controllo delle emozioni nei luoghi di lavoro e di studio. Un grande fratello potenziato dall’AI a nostra insaputa in Europa non lo vogliamo”. Le verifiche di conformità monitorano anche derive come la discriminazione algoritmica dei curriculum in sede di ricerca di lavoro o il furto dei dati sanitari.

Il discorso di Benifei, nettamente all’opposto di quello di Ross, ha toccato anche il pericolo delle derive tech oligarchiche americane: “Vogliamo evitare che poche realtà nel mondo ci dettino cosa possiamo e non possiamo fare. Il rischio è che in assenza di una struttura normativa, il sistema oligarchico venda i rischi verso il basso alle imprese, che poi se li assumeranno al loro posto. E la protezione dei consumatori è una delle caratteristiche principali d’Europa”.

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Equilibrio contro i super monopoli

In un’ottica più ampia, emerge anche la posizione di Guido Scorza, membro del Garante della Privacy, che seppur meno concentrato sull’AI Act nello specifico ha ribadito il diritto (anzi il dovere) di fare regolamentazione per garantire la coesistenza tra diritto alla privacy e diritto all’innovazione AI, entrambi diritti fondamentali ma non assoluti.

La regola d’oro è bilanciare, comprimere un diritto nella misura necessaria da garantire l’esistenza dell’altro diritto. Non è vero che la regolamentazione strangola l’innovazione”.

Anche Scorza sottolinea la pericolosità di un oligopolio tecno politico che crea reali benefici solo per pochissimi e mette le persone comuni nella costante morsa della manipolazione. “Più informazioni qualcuno ha su di noi, più siamo fragili di fronte a quel qualcuno. Sapere come prenderci significa sapere come manipolare ogni nostra scelta”.

L’unico modo per garantirci un diritto all’autodeterminazione nello scegliere cosa comprare, cosa leggere o chi votare, secondo Scorza, è esercitare la protezione dei dati personali. ”Prima a conoscerci meglio erano le persone a cui volevamo bene. Non è più così: ora è un oligopolio strettissimo di grandi signori dei dati. Ci conoscono meglio di quanto noi conosciamo noi stessi: sono sicuramente nella condizione di etero-guidare ogni nostra scelta”. Il super monopolio è il problema principale: i dati personali dell’umanità intera finiscono oggi nello ‘stomaco’ di algoritmi di pochissime società private. “Magari arriverà un legislatore che dirà che è interesse pubblico addestrare gli algoritmi con i dati di tutta l’umanità. Ma ad oggi quel legislatore non è arrivato”.

Differenze di cultura economica

Se però torniamo ad analizzare il diritto all’innovazione e alla competitività commerciale altro tema fondamentale diventa quello dell’enorme sproporzione tra le potenze in campo. Anche Benifei lo dice con chiarezza dopo la sua difesa dell’AI Act: per creare un mercato competitivo basato su un’AI responsabile è necessario tantissimo lavoro. “AI factory e gigafactory non bastano: serve un passo in più per competere con USA e Cina”. Ma si può fare partendo dalle regole?

Scorza ci crede e invita anche indirettamente a non aspirare al modello americano, quello in cui le regole arrivano convenzionalmente dopo le attività da regolare e non viceversa: “Anche se alcune regole possono sembrare in contrasto con l’evoluzione della tecnologia, nessuno deve sentirsi legittimato ad aggirarle: se una legge non consente di fare innovazione va fatta cambiare dai legislatori a posteriori. Se lasciamo che l’industria tecnologica operi una riscrittura di propria iniziativa, l’algocrazia prende il posto della democrazia”.

Ma è in riferimento a questa relazione tra normative e operatività che Ross propone un punto di vista opposto rispetto al quale non si può fare finta di niente. “La verità è che AI Act, ad oggi, sta dando un gran vantaggio ai giganti americani che operano sul suolo europeo”. Un vantaggio costituito dall’enorme complessità del documento.

Oltre i paradossi

Le PMI europee fanno fatica anche solo a leggerlo – continua Ross – mentre le aziende americane che esportano la loro tecnologia in Europa hanno accesso invece a eserciti di avvocati“. Insomma, mentre le aziende Europee non sanno nemmeno da che parte iniziare per padroneggiare l’AI Act, aziende come Meta o Microsoft possono assumere in un colpo solo centinaia di professionisti per interpretare ogni passaggio del codice o addirittura aggirarlo con facilità. Così le stesse regole che dovrebbero aiutare l’Europa a competere contro gli USA, vengono sfruttate dagli USA per imporsi ancor più sull’Europa.

Scorza propone una parziale via d’uscita da questo paradosso: immaginare una nuova forma di scrittura delle regole stesse.

Siamo riusciti a governarne la diffusione e circolazione delle automobili con regole chiare ma ci sono voluti 62 anni. ChatGPT ha raggiunto milioni di utenti in due mesi. Significa che il tempo delle normative da centinaia di pagine è scaduto. Dobbiamo pensare a un modo diverso di scrivere le regole: non riconoscerlo è da ipocriti”.

Ampliando la prospettiva, viene il dubbio che il nodo non sia nel conflitto tra innovazione e diritti, bensì in una diversa idea di mercato e delle sue regole. Prima di concentrarsi sullo sviluppo dell’AI, il quesito da affrontare diventa dunque: come si imposta un confronto costruttivo tra l’approccio europeista e quello americanista?


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