Se le crisi di OpenAI sono avvolte nel mistero… c’è un motivo

Esisterebbe un accordo di non divulgazione che vieta ai dipendenti di OpenAI di criticare l'azienda per il resto della loro vita.

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Se le crisi di OpenAI sono avvolte nel mistero… c’è un motivo

Credit: Haiyun Jiang/The New York Times

La crisi della voce “rubata” a Scarlett Johansson, le dimissioni di Sutskever e Leike, la famosa cacciata “temporanea” di Altman dello scorso novembre: le vicende controverse di OpenAI hanno spesso la caratteristica di rimanere, del tutto o in parte, avvolte da un velo di mistero. Secondo un’indagine del portale Vox c’è una motivazione molto precisa per cui avviene questo.

L’accordo di non divulgazione

Esisterebbe un accordo di non divulgazione, a cui sono soggetti tutti i dipendenti e gli ex dipendenti di OpenAI, la cui sottoscrizione vieterebbe loro, per il resto della loro vita, di criticare l’azienda e la sua leadership.

Se un dipendente in partenza dovesse rifiutare di firmare il documento, o se dovesse violarlo, potrebbe perdere tutto il capitale acquisito guadagnato durante la sua permanenza in azienda, che può valere milioni di dollari. Per i lavoratori di startup tech californiane il capitale acquisito è una forma di compenso di grande importanza, che si accumula oltre al comune stipendio e funziona più o meno come una liquidazione.

Sebbene gli accordi di non divulgazione (o di “non denigrazione”) non siano insoliti nella Silicon Valley, nessuna azienda fino ad ora ne aveva previsto uno che potesse far perdere il capitale.

Altman, una parziale ammissione

In seguito all’articolo di Vox, Sam Altman ha scritto un tweet nel quale cerca di fare chiarezza. In primis, Altman ha negato che la società abbia mai trattenuto il capitale di qualcuno o che lo farà in futuro.

Il patrimonio acquisito è patrimonio acquisito – ha scritto – Non lo abbiamo mai recuperato da nessuno, né lo faremo se le persone non firmano un accordo“.

Tuttavia il CEO di OpenAI ha ammesso che nei vecchi documenti di uscita esisteva una clausola si cancellazione del capitale, seppur a suo dire non sia mai stata impugnata. Altman ha ammesso che quel paragrafo non avrebbe dovuto esistere e si è assunto ogni colpa.

C’era una disposizione sulla potenziale cancellazione del capitale nei nostri precedenti documenti di uscita; anche se non abbiamo mai recuperato nulla, non avrebbe mai dovuto esserci. Ѐ colpa mia e una delle poche volte in cui mi sono sentito veramente in imbarazzo con OpenAI; Il team era già in procinto di sistemare i documenti di uscita standard nell’ultimo mese. Se qualche ex dipendente che ha firmato uno di quei vecchi accordi è preoccupato può contattarmi e sistemeremo anche quello. Sono molto dispiaciuto per questo“.

Le parole dell’ex dipendente

Significativo che Altman abbia invitati gli ex dipendenti a farsi vivi, perché le sue parole sono in palese contraddizione con quanto sostenuto, durante una conversazione in un forum con Lesswrong, dall’ex OpenAI Daniel Kokotajlo. Filosofo di formazione, Kokotajlo ha lasciato OpenAI preoccupato dalla previsione dei comportamenti dell’azienda nella gestione dell’AGI (quando arriverà). Ha dichiarato che i soldi a cui ha rinunciato pur di potersi esprimere liberamente sull’azienda ammontano a quasi sei volte il patrimonio netto della sua famiglia.

Quale sia la verità è difficile a dirsi. Ma l’impressione generale, a valutare le vicende dall’esterno, è che OpenAI non sia molto a suo agio nei panni di azienda orientata al profitto. Fintanto che ha mantenuto il profilo di “laboratorio innovativo” che si affacciava sul mercato, era riuscita a fare sì che la sua anima di startup unita all’assoluta novità della sua proposta tecnologica la facesse spiccare rispetto ai grandi competitor come Google o Meta. Ma più l’azienda cresce più Altman dimostra (come altri colleghi in ascesa vent’anni fa, ad esempio Zuckerberg) di non riuscire a governare tutte le dinamiche insite nella trasformazione da startup a leader di mercato.


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