Ricerca di supporto emotivo e condivisione di dati sensibili: il nuovo studio del Washington Post sull’uso di ChatGPT

Il Washington Post ha analizzato 47.000 conversazioni pubbliche di utenti con ChatGPT, traendo alcune conclusioni su come il chatbot viene utilizzato

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Ricerca di supporto emotivo e condivisione di dati sensibili: il nuovo studio del Washington Post sull’uso di ChatGPT

L’analisi del Washington Post

Da quando ChatGPT è stato lanciato nel novembre del 2023, il chatbot è diventato in poco tempo ultra popolare raggiungendo, secondo i dati diffusi da OpenAI, oltre 800 milioni di utenti attivi ogni settimana. Il contenuto delle conversazioni è sempre rimasto privato e solo nel settembre del 2025 OpenAI ha pubblicato un suo primo studio sull’uso che viene fatto del chatbot intitolato “Come le persone usano ChatGPT”.

Recentemente il Washington Post è riuscito ad accedere a 47.000 chat di ChatGPT condivise pubblicamente dagli utenti su Internet Archive tramite un link, un caso che aveva sollevato diversi interrogativi sulla privacy, tracciando una serie di tendenze generali sull’uso che gli utenti fanno del chatbot e mostrando la centralità che questo sta assumendo nella vita di molte persone. È bene specificare che non si tratta di un campione rappresentativo, perché le chat analizzate sono state solo quelle messe in mostra dagli utenti liberamente e riguardano solo conversazioni in lingua inglese raccolte fra giugno 2024 e agosto 2025.

La componente emotiva e i dati sensibili

Dall’analisi giornalistica sono emersi due grossi fenomeni nell’uso di ChatGPT: una forte componente emotiva e la tendenza a condividere con il chatbot dati privati e informazioni sensibili. Come si evince dal rapporto, circa il 10% delle conversazioni analizzate riguarda una condivisione emotiva sui temi più disparati come sentimenti, vulnerabilità, dialoghi romantici e richieste sullo stato emotivo del chatbot. Oltre a questo, ChatGPT viene spesso utilizzato per ricevere supporto su questioni personali sensibili o per svolgere compiti di supporto legale. In questi casi è frequente che gli utenti forniscano informazioni personali come email, numeri di telefono, indirizzi, dati medici e familiari.

L’atteggiamento conciliante di ChatGPT

Un altro aspetto analizzato dal report è il comportamento tenuto dal chatbot nei confronti degli utenti. Nella maggior parte dei casi, l’AI manifesta una tendenza a rispondere positivamente alle domande e a mantenere un atteggiamento rassicurante ed empatico nei confronti dell’utente. Si tratta di una modalità già più volte messa in luce dagli studi e che in alcuni casi estremi può anche portare ad un’intensificazione di sintomi psicotici in soggetti già predisposti. Fra tutte le risposte analizzate, si stima che quelle che iniziano con la variante “” siano dieci volte più presenti di quelle che iniziano con un “no”.

Oltre a questo si segnala nel report un frequente adattamento di ChatGPT al tono e al sistema ideologico proposto dall’utente. Spesso il modello di OpenAI segue la narrativa dell’interlocutore, con il rischio in alcuni casi di amplificare e sostenere credenze distorte e prive di fondamento.

ChatGPT come strumento nella quotidianità

L’azienda ha già messo in campo diversi strumenti per correggere eventuali comportamenti e rendere il proprio chatbot pronto ed efficiente in conversazioni sensibili, ma la ricerca dimostra come ChatGPT stia diventando sempre di più uno strumento su cui le persone fanno affidamento per trattare questioni di natura profondamente personale.

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