Michael Burry, l’investitore statunitense che aveva previsto con largo anticipo la crisi dei mutui subprime del 2008 e a cui è ispirato il film del 2015 “The Big Short” (La grande scommessa), è tornato a far parlare di sé.
Lo ha fatto con uno stile criptico ma al tempo stesso anche in maniera concreta, cioè pubblicando immagini e citazioni su X che rimandano ai pericoli di instabilità dei mercati tecnologici, facendo grande uso di meme e riferimenti alla cultura popolare, ma soprattutto scommettendo al ribasso sull’equivalente di circa 6 milioni di azioni di Palantir e Nvidia. Burry ha acquistato delle opzioni put (contratti) che gli permetterebbero di guadagnare grandi cifre se le azioni di queste aziende dovessero scendere.
Oltre agli aspetti più goliardici che caratterizzano l’operato di Burry, ormai noto per la sua personalità fuori dagli schemi, la sua presa di posizione riflette la convinzione che la bolla dell’intelligenza artificiale possa essere prossima allo scoppio. Burry ha infatti pubblicato anche dei grafici che mostrano un rallentamento della crescita delle divisioni cloud di aziende come Amazon e Alphabet, spese in conto capitale nel settore tech in forte aumento e una rete fitta di accordi incrociati tra le big tech dell’AI sulle infrastrutture tecnologiche.
Se la domanda che sostiene questo sistema che si è costituito non dovesse reggere le aspettative, i massicci investimenti in tecnologie e infrastrutture che si stanno accumulando nel settore dell’AI potrebbero tradursi in “capacità inutilizzata”, trascinando in poco tempo tutto il comparto verso una pesante crisi e un ridimensionamento.
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