Se l’AI fa i lavori da principianti, da dove iniziano i giovani?

Un'analisi di Aneesh Raman (Linkedin) fotografa una tendenza in crescita che ci dovrebbe portare a ripensare al lavoro.

Lavoro Edoardo Frasso 29 mag 2025

3 min.

Se l’AI fa i lavori da principianti, da dove iniziano i giovani?

In un articolo scritto per il New York Times, il Chief Economic Opportunity Officer di LinkedIn Aneesh Raman ha evidenziato come l’intelligenza artificiale starebbe facendo da barriera all’ingresso nel mondo del lavoro della Gen Z. L’AI ha infatti già sostituito molte delle mansioni iniziali che tradizionalmente costituivano il punto di partenza per i giovani all’interno delle aziende.

Proprio mentre milioni di neolaureati del 2025 si preparano a entrare nel mercato, la trasformazione economica che dovrebbe contraddistinguere la loro generazione rischia di colpirli duramente. La situazione ricorda quanto accaduto a più riprese alle industrie con la crescita dell’automazione. Oggi, però, a essere colpiti sono gli impiegati e i colletti bianchi.

Gioventù a rischio

Nel lavoro digitale, l’intelligenza artificiale sta automatizzando attività come la scrittura di codice semplice o il debugging, da sempre le mansioni tipiche degli sviluppatori junior per “farsi le ossa”. Allo stesso modo, negli studi legali, i collaboratori più giovani che si occupavano della revisione dei documenti vengono ora sostituiti da software di AI in grado di completare il lavoro in pochi secondi. Anche nel settore della vendita al dettaglio e del customer service, chatbot e strumenti automatici stanno rimpiazzando quei ruoli di base che spesso venivano affidati ai junior.

Sono solo alcuni degli svariati esempi; la trasformazione si riflette già nei numeri: il tasso di disoccupazione tra i laureati è salito del 30% rispetto al 2022, mentre quello generale è aumentato del 18%. Non sorprende se secondo altri sondaggi gli appartenenti alla Generazione Z sono oggi i più pessimisti sul proprio futuro lavorativo. E un inizio in salita può avere effetti negativi a lungo termine: secondo alcune ricerche, sei mesi di disoccupazione a 22 anni possono tradursi in 22.000 dollari di guadagni persi nel decennio successivo.

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Le nuove disuguaglianze

La sparizione dei ruoli entry-level rischia di ampliare le disuguaglianze tra chi ha contatti o un background privilegiato e chi si ritrova fuori dalla porta. E quando un’intera generazione fatica a partire, le conseguenze si fanno sentire su tutto il tessuto sociale.

Non tutti i settori sono colpiti allo stesso modo. Come detto i lavori del terziario, paradossalmente tra quelli che richiedono un titolo di studio più alto, sembrano essere tra i più vulnerabili. I dirigenti stessi appaiono consapevoli del cambiamento: secondo un altro sondaggio di Linkedin, quasi due terzi di loro crede che l’AI prenderà presto in carico molte delle mansioni più semplici ora affidate ai dipendenti alle prime armi.

La soluzione: ripensare i lavori di ingresso

Ma come se ne esce? Raman suggerisce di ripensare completamente il lavoro di base. Bisogna formare i giovani alle nuove competenze richieste dal mercato, ovviamente quelle legate all’uso dell’AI. Alcune università e college americani stanno già andando in questa direzione, aggiornando i loro programmi e collaborando con grandi aziende per preparare studenti per il mondo che li aspetta.

Anche le aziende devono cambiare il loro paradigma, offrendo ai neo lavoratori compiti più stimolanti, che richiedano pensiero critico e capacità che l’intelligenza artificiale non può ancora sostituire. Alcuni esempi esistono già: KPMG, per esempio, affida ai neolaureati incarichi fiscali complessi, mentre in alcuni studi legali giovani avvocati si occupano di interpretare contratti importanti.

I dati fotografano lo sgretolamento del modello lavorativo che parte dai ‘lavori di ingresso‘. La sfida è ripensare questa struttura da zero, puntando sull’idea che la collaborazione tra giovani lavoratori e l’AI possa non solo aumentare la produttività ma anche accelerare l’apprendimento. Chi si approccia al lavoro per la prima volta, oggi, ha infatti la possibilità di mettersi fin da subito alla prova con attività complesse. Uno scenario che può alzare il livello di professionalità, in un moto inclusivo anziché escludente.


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