Più di 54.000 terremoti nell’arco degli ultimi tre anni hanno colpito la zona dei Campi Flegrei. La scoperta, resa possibile grazie ad un nuovo modello di intelligenza artificiale, smentisce l’ipotesi avanzata dai sistemi di rilevazione tradizionali e apre ad un orizzonte nuovo e rivoluzionario nello studio della sismologia. Il tutto è stato poi inserito in uno studio pubblicato su Science al quale hanno collaborato la Stanford University, l’Osservatorio Vesuviano dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia e l’Università di Napoli Federico II.
I sistemi di rilevazione tradizionale avevano infatti individuato 12.000 episodi negli ultimi tre anni, ma grazie al nuovo strumento, che riesce a registrare dati di scosse e faglie che sono impercettibili sia all’uomo che agli strumenti meno avanzati, ne sono stati individuati molti altri altri. Il modello analizza migliaia di dati storici registrati sui sismografi attivi nell’area riuscendo a riportare una serie di micro terremoti che altrimenti non verrebbero notati. Nella maggior parte dei casi si tratta di sismi di piccola intensità, non impattanti dal punto di vista delle conseguenze per gli umani ma rilevanti dal punto di vista scientifico.
Al di là dell’enorme quantità di scosse registrate, i risultati dello studio restituiscono anche una prospettiva di ottimismo. L’attività sismica complessiva della caldera non presenta prove di risalita del magma, il che implica che è improbabile che ci possa essere un’eruzione a breve termine. Visto il riscontro positivo sorto dall’utilizzo del nuovo modello, i ricercatori ritengono che esso possa essere applicato ad ulteriori aree del mondo dove vi è la necessità di ampliare le potenzialità di monitoraggio sismico.
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