Il 1° giugno 2025, l’Ucraina ha lanciato l’Operazione “Pavutyna” (“Tela di Ragno”), un attacco coordinato con 117 droni che ha colpito profondamente il territorio russo, distruggendo o danneggiando oltre 40 velivoli militari, tra cui bombardieri strategici Tu-95, Tu-22M e Tu-160, nonché un raro aereo radar A-50. Si è trattato di un punto di svolta non solo nel conflitto Russo Ucraino ma nella guerra moderna in generale, che evidenzia l’efficacia delle tattiche asimmetriche potenziate dalle nuove tecnologie.
Guerra low cost
I droni, trasportati in territorio russo tramite camion civili e attivati da remoto, hanno eluso le difese aeree tradizionali, colpendo basi fino a 5.000 km dal confine ucraino, come quella di Belaya in Siberia. L’uso di droni FPV (First Person View) a basso costo, coordinati tramite intelligenza artificiale, ha permesso di colpire con precisione obiettivi strategici.
L’integrazione dell’intelligenza artificiale nei sistemi d’arma sta trasformando il campo di battaglia. L’Ucraina ha sviluppato droni capaci di operare senza controllo umano diretto, utilizzando l’AI per il riconoscimento e l’ingaggio dei bersagli, anche in ambienti con disturbi elettronici. L’analisi dei dati raccolti dai droni permette di anticipare le mosse nemiche, migliorando la pianificazione strategica e la risposta operativa. L’uso di gruppi di droni coordinati tra loro, capaci di adattarsi in tempo reale alle condizioni del campo di battaglia, rappresenta una nuova frontiera nella guerra tecnologica.
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La rivoluzione dei micro-droni
L’operazione “Pavutyna” segna l’inizio di una nuova era nei conflitti armati, dove la tecnologia e l’intelligenza artificiale ridefiniscono le strategie militari. Con l’avanzare della tecnologia, è plausibile che assisteremo a una crescente automazione dei conflitti, dove l’intelligenza artificiale giocherà un ruolo sempre più dominante.
L’intelligenza artificiale sta rivoluzionando l’approccio bellico anche per via della tendenza tecnologica alla miniaturizzazione, che ha portato alla riduzione delle dimensioni di dispositivi meccanici, ottici ed elettronici, rendendoli meno invasivi e più efficienti. Una tendenza che conduce alla possibilità di appoggio a infrastrutture meno costose se non addirittura improvvisate, come i camion dell’operazione ucraina (una strategia impraticabile fino a qualche anno fa).
Uno dei più noti micro-droni è l’americano Switchblade 300, un velivolo lungo appena 61 cm e pesante circa 2,7 kg, che può essere trasportato in uno zaino e lanciato da una piccola canna. Una volta in volo, è in grado di identificare e colpire bersagli con precisione, grazie a sistemi di geolocalizzazione GPS e telecamere a colori. All’occorrenza, droni di questo tipo possono anche essere organizzati in sciami, lavorando in sinergia anche in ambienti complessi o in presenza di disturbi elettronici.
Leggi internazionali incerte
Diversi attori internazionali stanno promuovendo la creazione di un quadro normativo per regolamentare l’uso dell’intelligenza artificiale in ambito militare. Ad oggi questa regolamentazione è ostacolata da una combinazione di fattori a partire dall’assenza di una definizione tecnica e giuridica universalmente accettata di “arma autonoma“. Ad una difficile definizione di partenza, si aggiunge anche la rapidità con cui la tecnologia dell’AI avanza superando spesso la capacità dei legislatori di adattarsi.
Le potenze militari, inoltre, temono la compromissione dei loro vantaggi strategici e tecnologici. Ciononostante diverse organizzazioni della società civile continuano a esercitare pressione affinché venga stabilito un controllo umano significativo sull’uso della forza.
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