“Per anni ho addestrato il mio sostituto digitale senza saperlo”

In USA si dibatte sul caso del portale Washington Independent, uno strano sito auto-generato che ripropone contenuti dai meandri del web attribuendoli ad autori inesistenti.

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“Per anni ho addestrato il mio sostituto digitale senza saperlo”

L’editoria Frankenstein generativa ai tempi dell’AI

L’incontro tra intelligenza artificiale ed editoria non smette di regalare colpi di scena. L’ultima sorprendente storia arriva dagli Stati Uniti. Alcuni giornalisti stanno prestando attenzione alla diffusione di un misterioso portale di notizie che a prima vista sembrerebbe un comune sito di news di nome washingtonindependent.com, riedizione di un progetto risalente a più di dieci anni fa.

Ad un’analisi più approfondita il sito non risulta frutto di un lavoro editoriale, ma un grande aggregatore automatico di notizie auto-generate. Oltre a contenuti realizzati con AI, starebbe riproponendo interi vecchi articoli realmente scritti da veri giornalisti, ma attribuendoli ad autori inventati.

Ritorno dal passato

Il giornalista Spencer Ackermann ha descritto il caso quando ha scoperto che alcuni suoi vecchi articoli erano riemersi dal “subconscio del web, dove si pensava che fossero destinati a restare per sempre in seguito alla chiusura del vecchio portale di informazione Washington Independent. Ackermann vi scrisse tra il 2008 e il 2010. La testata, esperimento senza scopo di lucro di informazione online che si occupava di politica e comunicazione, cessò di esistere in poco più di due anni. Alla chiusura tutti i redattori che ci scrivevano persero l’archivio del proprio lavoro. O almeno così pensavano.

Il sito è riapparso sotto nuova veste nel 2022. Non risultava chiaro chi ne avesse acquistato il dominio, ma era stato sottoposto ad un restyling per sembrare di nuovo un autentico giornale online. I contenuti però erano in larga parte inventati, talvolta pieni di espressioni nonsense. Alcuni vecchi articoli appartenenti al vecchio dominio erano tornati visibili, ma le firme appartenevano ad autori totalmente inventati, con foto e biografie false.

Ackermann ha riconosciuto con stupore contenuti da lui realizzati quindici anni fa. “Avevo bisogno di fare riferimento a un pezzo che avevo scritto lì e mi chiedevo se qualche sua versione diffusa occupasse un angolo trascurato di Internet – ha scritto sul suo blog – Ho trovato quello che cercavo, solo che era attribuito a qualcuno che non esisteva“.

Sostituti robotici

Ackermann non è l’unico giornalista americano che sta indagando su Washingtonindependent.com, perché il portale rappresenta il trend preoccupante della nuova editoria generativa creata da contenuti assemblati.

La giornalista del Times Lydia DePillis ha scritto su X che il vecchio Washington Independent risulta “trasformato in quella che sembra essere una factory di contenuti generati dall’intelligenza artificiale con una scrittura molto strana e sgrammaticata, da redattori di cui non si registra alcuna presenza su Internet“. Molti giornalisti americani e non solo stanno dibattendo attorno all’inquietante possibilità che il lavoro da loro realizzato e pubblicato sul web per due decadi sia destinato ad alimentare un moto orientato alla loro sostituzione.

Il portale in questione, prosegue Ackermann, “Si sta strutturando graficamente per assomigliare al giornalismo. Offre contenuti simili ad articoli recentemente pubblicati che non sembrano prodotti da esseri umani, ma se scavi nel suo archivio di notizie puoi trovare il lavoro che gli esseri umani hanno sicuramente prodotto. Lo so perché ero uno di loro. Ora devo preoccuparmi di aver inavvertitamente addestrato il mio sostituto robotico“.

Ciò che verrà dopo

Un periodo del mio lavoro – conclude Ackermann – ora fa parte di un essere ‘digitale gestalt’ che si sta avvicinando all’autodirezione. Non potevo sapere che stavo rinunciando al diritto di non cedere il mio io digitale a un’intelligenza gestalt quando ho venduto la mia manodopera al Washington Independent“.

La brusca rivoluzione dell’editoria di questi tempi è considerata da Ackermann il punto di arrivo di una parabola di incertezza e instabilità che la sua generazione, quella che ha iniziato a scrivere nei primi anni duemila, ha vissuto fin dall’inizio. Ho la pessima sensazione che ciò che verrà dopo assomiglierà sempre più a Washingtonindependent.com“.


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