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L’azienda che crea arti bionici per veterani ucraini e altre notizie | Weekly AI #107

L’azienda che crea arti bionici per veterani ucraini e altre notizie | Weekly AI #107

Weekly AI news è la rassegna stampa settimanale curata dai nostri editor sui temi più rilevanti legati al mondo dell’intelligenza artificiale.

Ѐ una controversa costante nella storia del genere umano, quella delle guerre che accelerano l’efficienza e l’adozione delle tecnologie. Ma al netto del contesto drammatico, la storia raccontata dalla CNN questa settimana testimonia le possibilità incredibili che ha l’AI per migliorare le vite. Esper Bionics, azienda con sede in Ucraina e Stati Uniti, è focalizzata sulla creazione di protesi di ultima generazione. La società lavora a stretto contatto con Fondazione Protez, fondata all’inizio del conflitto russo-ucraino dal medico protesista Yakov Gradinar, ucraino residente a Minneapolis. Il team ha creato una mano bionica, Esper Hand, studiata innanzitutto per i militari che hanno perso gli arti in guerra. Grazie all’intelligenza artificiale la mano impara i movimenti e riconosce i muscoli. “Se prendo più volte una tazza dal tavolo, domani il sistema capirà”.

Almeno 70 militari ucraini sono tornati al fronte dopo l’installazione di Esper Hands e ci sono circa 170 persone in lista d’attesa. L’azienda crea protesi di tipologie svariate e si definisce un gruppo di “Innovatori pionieri del potenziamento umano“.

Nessuna, tra le aziende in primo piano dell’intelligenza artificiale, è costretta a fronteggiare crisi con la frequenza di OpenAI. Forse dipende dalla sua ancora scarsa abitudine ai riflettori internazionali, sta di fatto che in alcuni periodi la società di Altman proprio non riesce a rimanere al riparo delle polemiche. Anche nelle ultime due settimane è stata al centro di numerosi casi mediatici: alle dimissioni del co-fondatore Ilya Sutskever si sono unite quelle (condite da dichiarazioni ben più accusatorie) del coordinatore del team sicurezza Jan Leike. Ma soprattutto è lo scivolone con Scarlett Johansson a fare rumore. Per ChatGPT-4o l’azienda avrebbe plagiato la sua voce (dopo il suo rifiuto ad una partnership commerciale) per creare un rimando al film Her. Lei non ha gradito. Come se non bastasse, emergono report su clausole di riservatezza per i dipendenti stringentissime, che gettano luci inquietanti. L’impressione in mezzo a tanti misteri è che, più l’azienda cresce, meno riesca a governare tutte le dinamiche insite nella trasformazione da startup a leader di mercato. E la figura di Altman ne esce sempre più “zuckerbergizzata”.

Lui però non pare preoccuparsene. Anzi, subito dopo giorni turbolenti, festeggia l’accordo pluriennale da 250 milioni di dollari tra l’azienda e l’enorme editore News Corp, proprietario del Wall Street Journal, del Sun e molte altre testate. ChatGPT potrà essere addestrato sui contenuti dei portali e l’azienda porta avanti così un progetto di partnership generalizzate con il mondo dell’editoria.

Microsoft non si cura delle difficoltà reputazionali del figlio adottivo OpenAI e presenta un nuovo tablet e un nuovo laptop con microchip avanzati AI in grado di eseguire 45 trilioni di operazioni al secondo con sistema operativo Windows. Un risultato che non sarebbe stato possibile senza la presenza di Nvidia sul mercato, che infatti brinda a un altro trimestre di ricavi record.

Ma le big tech non hanno solo il mercato da gestire: le sfide dell’AI sono ovviamente molte più di quelle visibili ai nostri occhi di consumatori. Lo dimostra una storia ricostruita dai ricercatori del portale Proofpoint, secondo cui un gruppo di hacker di lingua cinese ha preso di mira individui legati a una società tech USA in un attacco di phishing durato giorni orientato a rubare segreti commerciali. Il nome della società non è stato diffuso, il che fa presupporre che sia una realtà importante.

A proposito di timori, in Italia si diffonde a macchia d’olio il report (l’ennesimo) di Forum Pa sugli impatti dell’AI nel mondo del lavoro, questa volta dedicato alla pubblica amministrazione. Sarebbero 218.000 le figure a rischio. Tra i tanti studi sul tema, questo sembra colpire particolarmente l’immaginario italico. Provvidenzialmente risuonano le parole di Geoffrey Hinton, uno dei padrini dell’AI, che intervistato dalla BBC rilancia l’utopica visione di un progetto di reddito universale.

In tutta risposta l’Unione Europea approva in via completamente definitiva l’AI Act. Il regolamento entrerà in vigore tra poco, ma il pensiero che sarà applicabile tra due anni è scoraggiante e fa dubitare della sua reale utilità nell’immediato. D’altro canto l’impressione è sempre più che la partita per il futuro dell’AI nei prossimi anni sarà giocata fuori dall’Occidente.

Ne è una ennesima prova il mini vertice che si svolge in Corea del Sud durante il quale diverse aziende tra cui Google, Meta e OpenAI si assumono nuove responsabilità per lo sviluppo sicuro dell’AI.

E anche dall’Africa si fanno largo movimenti di pensiero che sembrano voler approfittare della lentezza dell’Europa per inserirsi con successo nel mercato. Lo testimonia il forum organizzato dalla marocchina Università Politecnica Mohammed VI che si terrà dal 3 al 5 giugno. Scopo dichiarato del forum, che si concluderà con la firma di un accordo tripartito tra l’UNESCO, il governo marocchino e il “Movimento AI” è mettere le basi per “Trasformare il continente e fare del 21° secolo il secolo dell’Africa”. Lo scenario geopolitico del futuro è disegnato dalle tecnologie generative.


Il nuovo appuntamento di AI Talks, il nostro format di interviste alla scoperta dell’intelligenza artificiale, è con Mariarosaria Taddeo, Professor of Digital Ethics and Defense Technology presso l’Oxford Internet Institute

Il suo lavoro si focalizza soprattutto sull’analisi etica dell’AI, dell’innovazione digitale, della sicurezza e della difesa nazionale e dei conflitti cyber.



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