L’AI nella selezione del personale: opportunità, rischi e futuro

L’AI nella selezione del personale: opportunità, rischi e futuro

È indubbio che l’intelligenza artificiale sia già ampiamente entrata all’interno dei processi di selezione del personale, e che nel prossimo futuro lo farà in modo sempre più incisivo. Basta osservare la sempre maggiore presenza sul mercato di piattaforme a supporto dei processi di recruiting e selezione con tecnologie basate sull’intelligenza artificiale. Non si tratta di una tendenza di questi ultimi mesi, ma di un processo innescato già da diverso tempo, profondamente accelerato dalla diffusione dei LLM (Large Language Model) di intelligenza artificiale generativa, su tutti ChatGPT. Una ricerca di mercato pubblicata da IMARC Group nell’ottobre 2023 stima infatti come il mercato degli ATS (Applicant Tracking System) passerà dai 2,5 miliardi di dollari del 2022 ai 3,9 del 2028.

Ma quali sono le opportunità, i rischi, e soprattutto gli scenari futuri che si possono delineare dall’adozione dell’intelligenza artificiale nell’ambito del recruiting? Cerchiamo di aggiornare con le ultime tendenze di mercato quanto già si è detto più volte sull’argomento.

Le opportunità: screening, matching e redazione di annunci

Partiamo dalle opportunità. L’intelligenza artificiale oggi supporta le attività di reclutamento e selezione del personale concentrandosi specificamente su quelle fasi del processo che richiedono maggior consumo di tempo da parte dell’operatore, come lo screening e il matching delle candidature. Oggi l’intelligenza artificiale può consentire di individuare all’interno di vasti database le candidature più rispondenti a una determinata posizione professionale. Grazie a molti programmi oggi già presenti sul mercato, è possibile partire da una job description o da un’esigenza trascritta nel programma in modo discorsivo, per ricavare una lista di possibili candidati in linea su cui procedere successivamente con ulteriori approfondimenti: un processo che, precedentemente, poteva anche richiedere molte ore di lavoro, se non giorni.

A questa fase, si accompagna poi quella del matching, ossia la valutazione della rispondenza delle candidature alla ricerca in oggetto, classificando competente, esperienze, ma anche aspirazioni espresse e progetti professionali del candidato stesso secondo il grado di rilievo assegnato dal recruiter. Anche in questo caso, numerose piattaforme permettono di valutare questa corrispondenza classificando le candidature, consentendo al recruiter di avere immediatamente un riscontro su quelle maggiormente in linea con la richiesta su cui sta lavorando. Già oggi, l’intelligenza artificiale consente quindi di svolgere in modo estremamente veloce e snello processi che in passato richiedevano molto tempo ed energie.

Vi è poi un ulteriore momento in cui l’impiego dell’intelligenza artificiale sembra già dare interessanti risultati, ossia quello connesso alla redazione degli annunci di lavoro. Stando a recenti ricerche di mercato condotte da operatori di settore, sembra infatti che il response rate agli annunci generati dall’IA sia molto più elevato di quello derivante da annunci scritti da mano umana.

I rischi: bias e white fonting

Passando ai rischi, non si può che iniziare con il tema dei bias, che coinvolge anche l’intelligenza artificiale. È noto, infatti, come numerosi modelli di intelligenza artificiale siano suscettibili di bias, preconcetti che il programma possiede e alimenta in derivazione dalla modalità con cui è stato programmato. Come nel ragionamento umano, i bias non sono negativi in sé, ma occorre averne consapevolezza, saperli riconoscere ed evitare che possano generare condotte discriminatorie.

In questo senso, alcuni programmi potrebbero incorrere in analisi delle candidature basate su pregiudizi errati, ad esempio privilegiando determinate categorie di candidati, e non considerandone altri su criteri di genere, razza o religione (tutti casi realmente accaduti). La modalità di apprendimento costante tipica delle IA non farebbe che alimentare i bias e pertanto i programmi sarebbero portati a reiterarli.

È un fenomeno che si è già avuto modo di osservare fin dal 2018, con l’ormai celeberrimo caso di Amazon, il cui ATS assegnava alle candidate donne un punteggio inferiore agli uomini perché l’intelligenza artificiale era stata addestrata sulla base di storici di assunzione che vedevano una predominanza maschile, e per questo aveva “deciso” che i candidati maschi fossero preferibili alle donne.

Altri rischi sono connessi alla preoccupazione, da parte delle aziende, che i candidati potrebbero aggirare i controlli degli ATS, manipolando e modificando i loro curriculum per farli spiccare nelle analisi dell’intelligenza artificiale. Purtroppo, sono sempre più presenti in rete consigli non sempre corretti e trasparenti su come farlo, piegando i curriculum alla necessità di superare i vagli di selezione, uno tra tanti il favoleggiato “white fonting”.

L’assenza del “tocco umano”

Sempre più il settore della selezione del personale richiederà ai propri professionisti di avere piena consapevolezza dei programmi utilizzati, dei rischi, finanche intervenendo per eliminarli e facendo in modo che il processo si possa svolgere nel pieno rispetto dei principi di non discriminazione. Sarà sempre più indispensabile che anche professionisti della selezione del personale sappiano come operano i loro supporti AI buddy vigilando attentamente sul loro operato.

Non a caso l’occhio attento della Commissione Europea ha classificato già dal 2021 “occupazione, gestione dei lavoratori e accesso all’autoimpiego” tra i “sistemi di intelligenza artificiale che influiscono negativamente sulla sicurezza o sui diritti fondamentali” e che “dovranno essere registrati in un database dell’UE”.

Un altro rischio insito nell’adozione dell’intelligenza artificiale, forse il più insidioso, è quello di credere che la selezione del personale possa essere completamente slegata da un’interazione umana. Il tocco umano resterà sempre imprescindibile all’interno di un processo di questo genere, proprio perché questo non si basa solo sulla corrispondenza binaria di una competenza ad una posizione professionale, ma su valutazioni molto più sottili, che possono scaturire esclusivamente da una relazione diretta in cui due persone, chi si candida per una posizione e chi offre quell’impiego, si conoscono, si piacciono, riscontrano affinità e toccano convergenze. Ad oggi, una tecnologia non potrà mai sostituire la persona in questa fase così intima della costruzione di un rapporto di fiducia e di scoperta.

Il futuro: quantità, qualità e nuove competenze

Ad oggi le opportunità che offre l’intelligenza artificiale a chi opera nel mondo della selezione del personale sono quindi soprattutto legate allo snellimento di processi che fino a poco tempo fa esigevano molto tempo e che rischiavano di non considerare tutte le candidature presenti all’interno di un database, oltre ad un miglioramento dell’efficacia dei processi stessi, con tutti gli accorgimenti su cui ci si è soffermati. Secondo una ricerca pubblicata da LinkedIn ad agosto 2023, il 75% dei datori di lavoro si aspetta che l’IA generativa possa liberare tempo per lavori più strategici e il 67% spera che questa possa aiutarli a scoprire nuovi candidati. Quantità e qualità, quindi. Grazie all’intelligenza artificiale opportunamente programmata, i processi di reclutamento possono essere molto più rispettosi della correttezza di valutazione, e garantire un più ampio esame delle competenze superando anche i rischi di esclusione derivanti da un vaglio umano non sempre perfetto.

Infine, un ultimo importante aspetto che sta emergendo proprio in questi mesi è connesso a un mutamento delle competenze richieste nel mondo del lavoro. Lo scenario economico che si sta sviluppando con l’IA richiederà nuove competenze, e i reclutatori dovranno considerare nuove skill che i candidati dovranno possedere nel mondo del lavoro che si va delineando di conseguenza. Una recente ricerca di Microsoft, pubblicata nel maggio 2023, ha messo infatti in evidenza come, con l’aumento della diffusione di tecnologie di intelligenza artificiale, sarà fondamentale per le persone possedere e sviluppare competenze nuove quali la capacità di rilevare e gestire i bias, o la delega all’IA (prompt) che insieme a ragionamento analitico, creatività, flessibilità e intelligenza emotiva rappresentano il set ideale per affrontare in modo competitivo il mondo del lavoro di oggi.

Articolo scritto da Giovanni Rossi – HR Advisor e Giornalista


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