Sembra che da una parte all’altra dell’oceano ogni grande azienda del mondo stia investendo nell’intelligenza artificiale.
La febbre per l’investimento ha travolto l’intero settore tech in un moto molto dinamico. Sono già diversi anni che colossi come Microsoft, Amazon, Google e le altre big company oramai diventate parte della nostra quotidianità guardano all’orizzonte dell’AI in continue gare di velocità e astuzia. La competitività tra i vari gruppi non è mai stata accesa come negli ultimi due anni e in particolare negli ultimi cinque mesi, da quando cioè il tema dell’AI è esploso mediaticamente. Lo scenario sembra un mare in tempesta.
I temi trattati all’interno dell’articolo
Amazon al supporto delle aziende
È della fine di giugno la notizia che Amazon, attraverso la sua divisione Amazon Web Services (AWS), ha destinato 100 milioni di dollari all’elaborazione di un centro pensato per supportare le aziende nell’uso dell’intelligenza artificiale generativa. Non una cifra altissima per un colosso da 514 miliardi di fatturato, ma un segnale interessante.
Il CEO di AWS, Adam Selipsky, ha specificato che si tratta di un “programma” più che di un vero e proprio centro e sono già iniziate collaborazioni con Highspot, Twilio, RyanAir e Lonely Planet. Allo stato attuale, Amazon gode rispetto ai suoi competitor principali di un vantaggio significativo nel mercato dell’infrastruttura cloud, in particolare nel settore del noleggio di server e spazio di archiviazione dati.
Pur essendo stata tra le prime aziende a offrire una vasta gamma di servizi di AI, come l’apprendimento e la traduzione automatica, per non parlare dell’onnipresente Alexa, l’azienda deve recuperare terreno nel campo dell’AI generativa pura. È per questo che pochi mesi fa Amazon aveva annunciato il lancio di Bedrock, una piattaforma di AI generativa basata sul modello di linguaggio Titan.
Watson, la promessa della golden age di IBM
Molto diversa è la posizione di IBM. Poche aziende stanno investendo nel campo dell’AI come la storica “Big Blue”. Con la sua AI Watson è stata tra le prime aziende a intercettare il trend del futuro. Come illustrato di recente dal Chief Commercial Officer dell’azienda Rob Thomas, negli ultimi tre anni gli investimenti su questa AI generativa non si sono mai fermati, in un susseguirsi non lineare di “successi e fallimenti”.
L’onesta schiettezza di Thomas deriva presumibilmente dalla bassissima probabilità di errore su cui è impostato Watson. Il sistema è rivolto a servizi business-to-business ed è fornito con una serie di modelli di apprendimento ottimizzati per casi d’uso aziendali specifici: l’accuratezza a prova di proiettile è una priorità assoluta e così la trasparenza pubblica dell’azienda. IBM promette ai suoi investitori di fare da padrona nel campo delle AI addestrate per supportare le aziende, in una sorta di prossima età dell’oro.
Gemini, la scommessa di Google
Anche in casa Google si nota enorme fermento. La news più importante è il recentissimo annuncio di Gemini, progetto della controllata DeepMind, specializzata nell’apprendimento automatico avanzato. Gemini promette di essere un modello linguistico di grandi dimensioni specializzato in particolare nella risoluzione di problemi. Il suo sviluppo costerà decine o centinaia di milioni di dollari, ma è ancora lontana dal lancio ufficiale.
Degli ultimi mesi è la notizia inoltre l’investimento di 100 milioni di dollari di Google in Runway AI Inc, startup con sede a New York che ha rilasciato un sistema di intelligenza artificiale generativa per la creazione di video, in grado di modificare un clip esistente in base a un prompt di testo o a un’immagine di riferimento forniti dall’utente.
Google è nota per essere all’avanguardia nell’AI. Negli anni ha investito in numerose startup, ha sviluppato il famoso framework di apprendimento automatico TensorFlow e offre già servizi di intelligenza artificiale tramite Google Cloud. Non ultima, la sua sfida nel campo dei modelli di linguaggio, con il suo Bard.
Runway AI Inc e Google hanno ufficializzato la propria collaborazione proprio sull’altare del cloud, a fine aprile. L’azienda newyorkese ha siglato un accordo da 75 milioni di dollari con Google Cloud quando solo il mese prima ne aveva annunciato uno simile con i servizi cloud di Amazon, poi annullato. Il mercato del cloud non è affatto un elemento secondario in queste dinamiche.
L’operazione con Runway AI Inc e Google ricorda per certi versi la fortunatissima partnership tra Microsoft e OpenAI LP. Compreso nell’accordo di acquisizione, era compreso l’accesso per OpenAI a una significativa quantità di infrastruttura cloud di Microsoft.
Microsoft continua nel supporto alle startup
Quell’acquisizione è stata la più discussa degli ultimi anni e ha messo Microsoft sulla tribuna d’onore. Gli investimenti che Microsoft ha riversato su OpenAI sono iniziati già nel 2019, con il primo miliardo. Ad oggi pare che in tutto i miliardi investiti siano stati dieci, per il più grande successo su scala mondiale dell’AI generativa fino ad ora.
Dal lancio di Azure AI, piattaforma cloud per l’integrazione dell’AI nelle applicazioni aziendali, Microsoft si è fatta strada nella sfida monopolistica sulla AI anche attraverso acquisizioni di aziende come Semantic Machines, Bonsai AI e Maluuba. Di questi giorni è la notizia della partecipazione dell’azienda insieme ad altri colossi della Silicon Valley ad un corposo investimento in Inflection AI, startup focalizzata nella creazione di prodotti di intelligenza artificiale rivolti ai consumatori. Si parla in tutto di una raccolta pari a 1,3 miliardi di dollari.
L’AI al servizio dell’hardware, la visione Apple
Apple sembra muoversi in un terreno un po’ diverso. Ai tempi della diffusione di Siri figurava come una pioniera nell’ambito degli investimenti AI. Ad oggi appare curiosamente defilata; indiscrezioni provenienti da Forbes la danno pronta al lancio di un prodotto hardware, forse un visore per la realtà aumentata, una scelta che prosegue con coerenza il modello di business principale (le vendite di hardware rappresentano circa l’80% del suo fatturato). Il ruolo dell’AI pare visto dall’azienda allo stato attuale perlopiù come un collante per migliorare l’esperienza utente.
Zuckerberg sfida Twitter con Threads
Poi c’è il gruppo Meta. La previsione dell’impero di Zuckerberg è di una spesa di 33 miliardi di dollari nel corso del prossimo anno per sostenere “l’espansione continua della capacità di intelligenza artificiale”. Almeno è quanto è stato dichiarato dalla Chief Financial Officer Susan Li durante una conferenza sugli utili del primo trimestre di fine aprile.
L’AI si è dimostrata una risorsa per il gruppo. Su Facebook e Instagram i ricavi pubblicitari hanno raggiunto i 28,1 miliardi di dollari proprio grazie all’uso intensivo dell’AI nella proposta di pubblicità agli utenti. Oltre 3 miliardi di persone utilizzano una app di Meta quotidianamente a partire da marzo 2023 e in questi giorni è stata annunciata a sorpresa la nuova Threads, l’app con la quale Meta vuole sfidare Twitter.
Il ruolo oscillante di Musk
In tutta risposta, la posizione di Elon Musk in questa tempesta di investimenti non è ancora completamente leggibile. Dopo la roboante richiesta del CEO di sei mesi di stop allo sviluppo dei sistemi di intelligenza artificiale nella famosa lettera aperta di questo marzo, ad aprile Tesla aveva annunciato il lancio di una startup di intelligenza artificiale in grado di competere con OpenAI di nome X.Ai. Una faccenda molto personale visto che Musk fu tra i fondatori, nel 2015, della stessa OpenAI.
In parallelo il CEO ha annunciato ulteriori lavori in corso sullo sviluppo di TruthGPT, un’AI progettata per ricercare la verità e i misteri dell’universo. Si sa inoltre che Musk ha acquistato circa 10.000 costosissimi processori Nvidia, pare però per implementare i processi AI all’interno di Twitter.
Il nuovo nome di punta
Quest’ultima, Nvidia, è proprio il nuovo nome dell’AI con cui conviene iniziare a familiarizzare. Californiana, fondata da Jen-Hsun Huang nel 1993, è considerata la next big thing nel megatrend di nuovi arrivati dell’AI. Quotata al Nasdaq, ha già superato i mille miliardi di dollari di capitalizzazione raggiungendo Apple, Microsoft, Alphabet e Amazon.
La Cina e gli ostacoli normativi
In Cina l’andamento delle AI è in generale più difficoltosa che nel mondo occidentale, a causa dei rigorosi controlli e censure di Internet e della regolamentazione attorno alle nuove tecnologie imposte da Pechino. Società come Alibaba, Tencent e Baidu fino ad ora avevano sempre scelto di concentrare la loro tecnologia di AI su aree specifiche, senza lanciare rivali pubblici su larga scala di ChatGPT. Ma qualcosa sta cambiando.
Ad aprile, Alibaba ha presentato Tongyi Qianwen (letteralmente, “verità da mille domande”), grande modello di linguaggio in risposta a ChatGPT. L’azienda ha annunciato che sarà integrato in un assistente digitale chiamato Tingwu, sarà in grado di analizzare contenuti multimediali e generare riassunti testuali da file video e audio e di tradurre in tempo reale tra l’inglese e il cinese per i contenuti di ogni tipo.
Baidu, gigante cinese delle ricerche, ha presentato in tutta risposta il suo Ernie Bot, per adesso arenatosi nell’attesa dell’approvazione regolamentare per il suo rilascio.
A chiudere il panorama cinese c’è poi Tencent, che tra la fine di aprile e i primi giugno ha annunciato un investimento per 40 milioni di dollari nella startup MiniMax e un sostegno finanziario a DeepLang AI, azienda cinese sviluppatrice di modelli AI valutata 100 milioni di dollari.
Previsioni multi-miliardarie
Insomma, il panorama appare più variegato e dinamico che mai e ogni giorno sembrano aggiungersi novità.
I colpi di scena risiedono nel fatto che il mercato dell’AI generativa è per sua natura trasversale e pervasivo. Dall’automotive alla sanità, dal settore bancario ai settori alimentari e delle bevande fino alla logistica o il commercio al dettaglio: tantissimi settori si prestano ad essere radicalmente trasformati dall’intelligenza artificiale. Le potenzialità sono praticamente infinite.
Secondo il report Artificial Intelligence Market Size, Growth 2022-2030 il mercato dell’AI a livello globale dovrebbe superare i 1.500 miliardi di dollari entro il 2030.