Verso la fine di giugno il gruppo editoriale tedesco Axel Springer SE ha annunciato una rivoluzione interna per le sue testate di punta Bild e Die Welt, tra le più vendute in Germania, incentrata sulla sparizione della carta e l’uso massivo di intelligenza artificiale.
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Il caso
Le due testate, Bild un periodico perlopiù scandalistico e di gossip e Die Welt un noto quotidiano conservatore, cesseranno completamente di uscire in formato cartaceo a partire dal prossimo 1° gennaio e saranno oggetto di tagli di costi pari a 100 milioni di euro, per circa 200 licenziamenti in tutto tra dipendenti e dirigenti. Le sedi locali verranno chiuse completamente e le loro edizioni confluiranno in edizioni accorpate fino alla fine dell’anno.
La notizia è stata data dalla Frankfurter Allgemeine Zeitung (Faz) con la pubblicazione di stralci di una mail che il CEO del gruppo Springer, Mathias Döpfner, ha inviato ai dipendenti.
AI come rivoluzione editoriale
In realtà, secondo la mail dell’editore, la ristrutturazione è una decisione indipendente dall’avvento dell’AI nel mondo dell’editoria. Tuttavia alcuni passaggi dello scritto sembrano far intendere il contrario. Döpfner ammette che “le funzioni di caporedattore, redattori, correttori di bozze, segretari e photo editor non esisteranno più come esistono oggi” e sottolinea la necessità di “separarsi purtroppo anche dai colleghi che hanno compiti che nel mondo digitale sono svolti dall’intelligenza artificiale e/o da processi automatizzati”.
Seppur parzialmente mascherato, il ruolo dell’AI è quindi certamente determinante nella decisione di rivoluzionare l’intero gruppo.
Aria di cambiamento si era già respirata a febbraio con il licenziamento del caporedattore di Bild Johannes Boie, sostituito quello stesso giorno con Marion Horn.
L’Associazione dei giornalisti tedeschi (Djv) è già sul punto di denunciare i tagli occupazionali e ha definito quello di Döpfner un “comportamento antisociale estremamente stupido anche dal punto di vista economico”. La chiusura delle sedi locali significherebbe secondo la Djv meno servizi ai lettori e quindi meno lettori.
Risparmio e fatturato
L’impresa del gruppo Springer lancia un messaggio a tutto il mondo del giornalismo mondiale, una provocazione che prende le mosse da una scommessa sul valore della quantità a scapito di quello della qualità. Parole d’ordine: risparmi e aumento del fatturato.
E se non sorprende in alcun modo la sentenza di Döpfner secondo cui “il giornalismo su carta è finito”, solleva riflessioni in più il sottinteso che sia sul punto di finire anche il ‘giornalismo umano’.
Cosa può comportare uno scenario in cui le notizie sono assemblate soprattutto da algoritmi? Intanto il problema principale sembra essere quello della mancanza di pluralismo. Un unico cervello digitale che tratta il materiale umano come se ogni elemento formasse esclusivamente un puzzle di dati è qualcosa per cui dovremmo allarmarci?
Un processo da governare
Il giornalismo è in crisi dall’avvento dei social network per ragioni legate soprattutto all’assorbimento, da parte delle grandi company dei Big Data, delle entrate pubblicitarie. Se i ricavi pubblicitari non possono più sostenere il pluralismo giornalistico, decade il ruolo del giornalismo in quando garante della democrazia.
Ora c’è un nuovo elemento: non solo i ricavi pubblicitari fanno fatica a sostenere il pluralismo, ma è a rischio anche lo stesso concetto di pluralismo. Quanto può essere realmente pluralista un unico modello algoritmico che manovra l’informazione con autonomia decisionale?
Per non lasciarci andare a un facile allarmismo forse dovremmo porre la questione in un altro modo: quanto l’umanità è disposta a mettere a rischio il pluralismo della propria informazione? Probabilmente è in atto una trasformazione che modificherà il rapporto delle persone con la parola scritta. La cosa più importante e più difficile sarà ricordare durante lo svolgimento di questo processo che le persone hanno la facoltà di governarlo, anche se già spesso si tende a dare per scontato che non sia così.