Secondo un rumor riportato da Reuters, Sam Altman starebbe pensando di acquistare un’azienda produttrice di chip progettati appositamente per l’intelligenza artificiale, così da poterli fabbricare in autonomia per alimentare la sua OpenAI. La necessità di superare la dipendenza dalle società produttrici che dominano il mercato (soprattutto una), è più sentita che mai.
Altman avrebbe già vagliato l’acquisto di una compagnia adatta allo scopo, ma ancora non è trapelato nulla di ufficiale e l’identità della società ‘puntata’ dal CEO non è nota.
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L’elefante nella stanza
La società si starebbe muovendo attorno a questa idea con molta cautela.
È da almeno un anno che all’interno di OpenAI si vagliano varie opzioni per risolvere i problemi legati al continuo acquisto dei costosissimi processori AI su cui la società balzata agli onori delle cronache con ChatGPT fa affidamento.
L’elefante nella stanza in ogni ufficio tech della Silicon Valley in questo momento ha un nome preciso: NVIDIA. L’azienda di sviluppo di processori grafici di Jen-Hsun Huang è passata dall’essere una grande compagnia milionaria ‘come tante’ a diventare il monopolistico polo centrale di una produzione che preoccupa sempre più i CEO del settore AI americani e non solo. Non solo i suoi processori da migliaia di dollari sono richiestissimi, ma la compagnia controlla da sola oltre l’80% del mercato globale del settore.
Prima di valutare la possibilità di costruire i chip in autonomia, OpenAI avrebbe pensato di introdurre una collaborazione stretta e duratura con NVIDIA, il fornitore principale. Ma le aziende che attendono fuori dalla porta dell’azienda per una collaborazione preferenziale sono tante. OpenAI si è allora concentrata in una diversificazione dei fornitori ma oltre a NVIDIA, alla californiana Advanced Micro Devices e pochi altri, la scelta è piuttosto ristretta.
Investimenti giusti
Aumentare massivamente la reperibilità di chip AI è una priorità per Sam Altman. In più occasioni ha pubblicamente lamentato la scarsità di unità di elaborazione grafica e una visibilità duratura in tal senso è fondamentale per lo sviluppo della compagnia.
Dal 2020, OpenAI ha sviluppato le sue tecnologie di intelligenza artificiale generativa su un supercomputer di grandi dimensioni costruito da Microsoft, uno dei suoi principali partner, che utilizza 10.000 unità di elaborazione grafica (GPU), ovviamente NVIDIA.
Gestire ChatGPT e gli altri tool attraverso questo cervello digitale è un’operazione costosissima per l’azienda. Secondo una stima dell’analista di Bernstein Stacy Rasgon il costo di ogni query (le interrogazioni degli utenti) si attesta a circa 4 centesimi.
Se a tendere le query di ChatGPT raggiungessero anche solo un decimo della scala della ricerca di Google, sarebbero necessarie circa 48,1 miliardi di dollari di GPU e circa 16 miliardi di dollari di chip all’anno per mantenere operativo lo strumento.
Non che l’investimento per produrre la tecnologia in proprio sia meno ingente: si parla di centinaia di milioni di dollari all’anno e secondo gli esperti non è nemmeno detto che il progetto possa garantire il successo dell’operazione. Acquisire una società potrebbe essere un ottimo stratagemma di partenza ma per diversi anni la dipendenza da aziende come NVIDIA rimarrebbe comunque inevitabile.
L’autarchia dei processori
Nel mondo delle big tech c’è chi ha già pensato all’autoproduzione dei processori con successo. Amazon, nel lontano 2015, ha acquisito allo scopo l’azienda israeliana Annapurna Labs. Google ha basato la sua Alphabet in parte sui suoi chip tentor processing, acceleratori inventati interamente all’interno dell’azienda per applicazioni specifiche nel campo delle reti neurali.
A qualcuno è andata meno bene: il gruppo Meta ha avuto più di un problema ad ottenere dei chip affidabili e attualmente il progetto è in riassetto.
Anche Microsoft sta sviluppando un chip AI personalizzato e l’idea, pare, è di renderlo disponibile anche a OpenAI per test specifici in quanto partner ufficiale. Eppure sembra che Altman preferisca rifiutare questa offerta, preferendo comunque inseguire la strada dell’autarchia nel campo dei processori. Secondo qualcuno questa scelta potrebbe addirittura creare una frattura tra le due aziende.