Trends

News - Trend trimestrale

Volume trimestrale

... ..%

Volume semestrale

... ..%

Da Knightley a Willis, il dibattito sul deepfake nel cinema ci riguarda

Nel mondo del cinema e in generale dell’intrattenimento il dibattito sull’intelligenza artificiale, in particolare nelle sue declinazioni deepfake, è più vivo che mai. L’attrice britannica Keira Knightley ha dichiarato al Telegraph di Londra di non ritenere lontano il momento in cui sarà costretta a prendere provvedimenti per proteggere il proprio volto dalla riproduzione digitale non autorizzata. Se fino a pochi anni fa una prospettiva del genere pareva lontana, oggi è ovvio che chi ha un profilo pubblico è obbligato a prendere in considerazione una tutela.

Al momento per le attrici – ha dichiarato Knightley – la preoccupazione riguarda la propria voce e stanno cercando di proteggere l’industria del doppiaggio. Spero che i governi si muovano e regolamentino questo problema, se no immagino che il mio prossimo passo sarà quello di proteggere il mio volto“.

L’attrice entra dunque direttamente nel vivo degli scioperi hollywodiani di questi mesi.

Il precedente di Bruce Willis

In queste ore, la stampa sta accostando le dichiarazioni di Knightley a una vicenda di circa due anni fa riguardante Bruce Willis.

Come è noto, Willis soffre da diversi anni di un disturbo neurologico invalidante che lo ha costretto all’abbandono delle scene. Tuttavia, nel settembre del 2021, l’attore è apparso tramite deepfake in quindici spot dell’azienda russa di telecomunicazioni MegaFon. Il lavoro fu commissionato alla società Deepcake, specializzata nella tecnologia del deepfake. Il volto dell’attore fu sovrapposto a quello di una comparsa con una fisicità e fisionomia simile e apparve al fianco del comico e showman russo Azamat Musagaliyev.

La tecnologia di generazione del volto si basa su algoritmi di rete neurale (neural network). Per riprodurre fedelmente Willis, gli ingegneri selezionarono una grande quantità di sue foto e video, in tutto circa 34.000 immagini tratte soprattutto dalle opere di qualche decennio fa, come Die Hard e Il Quinto Elemento. Lo raccontò Vasilij Bolshakov, direttore del reparto comunicazione e marketing di MegaFon.

https://www.youtube.com/watch?v=8GXIT5qvQH0

“Di chi è Bruce Willis?”

Per la sua ‘non partecipazione’, Willis avrebbe guadagnato in quell’occasione una cifra tra 1 e 2 milioni di dollari. E l’attore si era detto molto felice di sfruttare l’opportunità delle nuove tecnologie.

Mi è piaciuta la precisione del mio carattere. Con l’avvento della tecnologia moderna ho potuto comunicare, lavorare e partecipare alle riprese anche trovandomi in un altro continente. È un’esperienza del tutto nuova e interessante per me e sono grato al nostro team”.

Non è tutt’ora del tutto chiaro fino a che livello si sia spinta oltre l’autorizzazione di Willis per l’utilizzo del suo volto e della sua capacità interpretativa. Secondo dichiarazioni di Deepcake alla BBC, l’anno seguente l’attore avrebbe formalizzato un accordo con l’azienda per utilizzare la sua immagine anche in altre opere. L’entourage di Willis ha però successivamente smentito questa notizia.

Il sindacato statunitense SAG-AFTRA coniò per l’occasione uno slogan: “Di chi è Bruce Willis?”. La risposta non è così semplice come potrebbe sembrare.

Se il deepfake viaggia da solo

L’amministratore delegato di Sony Pictures Entertainment Tony Vinciquerra, che si impegnerà in prima persona nel trattare con i sindacati per cercare di risolvere gli scioperi di Hollywood, ha detto che “non si può prendere l’immagine di qualcuno senza il suo permesso. E tutti nel settore della produzione ne sono pienamente consapevoli e aderiranno a questo impegno”. In verità, questo non corrisponde del tutto a verità. Da un punto di vista tecnico, oggi aziende specializzate in deepfake possono già accumulare dati su qualunque persona li abbia resi accessibili, figurarsi nel caso di attori apparsi in decine di film e manifestazioni varie. 

Il copyright su un volto è qualcosa che può essere già impugnato per contenuti pubblicitari, ma come ci si può comportare in tutti gli altri casi di generico uso nel web?

La tipologia di utilizzo e diffusione del materiale audiovisivo nella nostra società rende molto sfumato il confine tra uso personale e pubblicitario. Un contenuto realizzato da utenti privati che diventa “virale” sul web (propagandosi su piattaforme di grosse società), senza scopo di lucro pur contenendo il volto di una persona famosa può violare un copyright? Non è solo un’ipotesi: i deepfake con Tom Cruise diventati famosi un paio di anni fa ne sono un esempio. 

Anche se nessuno lucra su questi contenuti, la loro sola esistenza scompagina completamente le definizioni di diritto di uso dell’immagine. Se viene riprodotto su YouTube uno spezzone di un film, un collage di foto o un’intervista a un personaggio, rientra in una diffusione ‘controllabile’, per contenuti che sono già stati inseriti in un controllo legislativo in partenza da parte dei diretti interessati. Ma, quando a viaggiare per il web è un contenuto che esiste solo di per sé, allora si crea un problema di origine dello stesso, per il quale è difficile prevedere gli sviluppi.

L’entertainment del futuro

La dichiarazione di Knightley è tutt’altro che ingenua e va diritta al cuore del problema, che è normativo.

Essere una figura di spicco nello sviluppo del mondo dell’intrattenimento vorrà dire mettersi al centro di una rete di autorizzazioni per seguire passo passo lo sfruttamento a tutto tondo della propria immagine da parte di terzi. Essere parte attiva di questo percorso artistico (in breve, recitare e apparire in carne e ossa) potrebbe diventare paradossalmente un bisogno relativamente piccolo o comunque diverso rispetto ad oggi. Probabilmente, quello che oggi chiamiamo cinema o intrattenimento andrà sempre più nella direzione di creare miscugli di espressività digitali e reali.

https://ainews.it/youtube-e-deep-fake-lesperimento-di-un-creator/

E noi?

Questa panoramica non riguarda solo il dibattito legato alla gestione di volti noti o agli sviluppi delle arti figurative. Il tema ha una ricaduta diretta sulla gestione delle identità digitali di tutti noi. In generale, dobbiamo domandarci se esiste una consapevolezza collettiva del valore dei dati biometrici. Forse ci accingiamo ad affacciarci in un futuro in cui non solo le star, ma tutti dovranno pensare a una tutela per il proprio volto, la propria voce o addirittura la propria personalità?

E forse quel futuro è ben meno lontano di quanto immaginiamo.

Nel film della Marvel che abbiamo intenzione di vedere nel fine settimana, già esiste magari un personaggio secondario digitale il cui volto è stato creato utilizzando anche il nostro taglio degli occhi, ma noi non lo sappiamo.

Quanti dei nostri dati biometrici sono stati già venduti in pacchetti che saranno utilizzati e riutilizzati da compagnie per creare opere a scopo di lucro per qualcuno che non saremo noi?

Forse lo sciopero di Hollywood ci riguarda già più di quanto ci faccia piacere ammettere.

L’immagine in evidenza è uno screenshot della pubblicità del 2021 di MegaFon


In Evidenza


Quando le relazioni sono artificiali

Da un partner virtuale a una conversazione con una persona…

Chi fermerà l’AI? Riflessione sull’appello di Musk

Elon Musk e altri mille esperti chiedono una pausa di…

Elon Musk e altri mille esperti: “Allarme intelligenza artificiale”

Elon Musk e altri mille esperti hanno chiesto di sospendere…

Microsoft 365 Copilot, un’AI generativa per la produttività

Microsoft ha lanciato 365 Copilot, un servizio di intelligenza artificiale…

OpenAI rilascia GPT-4, più potente e multimodale

GPT-4 è arrivato. Un modello multimodale e con 100 trilioni…