Il metaverso rappresenta un mondo virtuale in cui tutti possiamo o potremo interagire socialmente. Grandi potenzialità corrispondono però a notevoli rischi per la nostra persona.
Negli ultimi mesi si è sentito parlare molto del metaverso. Il rebranding della società di Mark Zuckerberg – da Facebook a Meta – ha posto l’attenzione su una tecnologia già oggetto di ricerca e sforzi in tutto il mondo accelerandone lo sviluppo e l’espansione.
Oggi, molte società stanno investendo nella tecnologia e diversi marchi stanno anche optando per eventi virtuali nel metaverso per il lancio dei loro prodotti. Si tratta dunque di una rivoluzione tecnologica che investe o investirà tutti, dal settore privato alla sfera pubblica. Ma cosa si intende esattamente per metaverso?
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La definizione di metaverso
La definizione più basilare di metaverso lo descrive come un mondo virtuale, un cyberspazio ‘abitabile’. In questo senso, ci si riferisce a una realtà virtuale in 3D in cui gli utenti possono accedere al fine di visitare mondi alternativi, effettuare acquisti, giocare o persino lavorare. E lo possono fare attraverso tecnologie immersive (come occhiali di virtual reality) e nella forma di avatar personali. Le potenzialità di questi mondi sono davvero illimitate.
In realtà, dunque, quando si tratta di metaverso, non ci si riferisce solamente a una specifica tecnologia, ma piuttosto a un cambiamento radicale in come interagiamo con la tecnologia stessa. Oltre a spazi esclusivamente virtuali, infatti, è configurabile anche un connubio tra realtà fisica e virtuale, la cosiddetta realtà aumentata. Il tutto culmina quindi in un universo digitale che comprende molteplici elementi tecnologici tra cui video, VR e augmented reality e che collega tra loro utenti al di là della loro collocazione geografica. Utenti che possono interagire condividendo informazioni o esperienze, acquistando e vendendo beni – anche ‘immobili’ – e servizi. Ma anche lavorando in gruppo ‘in presenza’, in un mondo parallelo, ma pur sempre connesso a quello fisico.
La storia del metaverso
Il metaverso, dunque, non nasce con l’annuncio di Meta. Il termine stesso è stato coniato trent’anni fa da Neal Stephenson nel suo libro “Snow Crash” (1992). L’autore di fantascienza statunitense ha utilizzato il termine per indicare uno spazio tridimensionale in cui le persone possono muoversi, condividere esperienze e interagire attraverso rappresentazioni grafiche personalizzate (avatar).
Il concetto ha affascinato, sin dagli anni ‘90, il mondo dei videogiochi. Sega ha infatti introdotto in molte sale giochi delle macchine VR.
Successivamente, l’interesse ha coinvolto anche lo sport. Nel 1998, Sportsvision ha trasmesso la prima partita della NFL (National Football League, lega professionistica nordamericana di football americano) in diretta con un indicatore di campo giallo, idea diffusasi ad altre trasmissioni sportive.
Palmer Luckey ha poi creato il prototipo del visore Oculus Rift VR nel 2010. Si è così riacceso l’interesse generale per la realtà virtuale, che ha ispirato opere letterarie e film, come il libro “Ready Player One” di Ernest Cline e il suo remake cinematografico diretto da Steven Spielberg.
Facebook ha acquisito Oculus VR nel 2014, anno in cui anche Sony e Samsung hanno annunciato di voler creare propri visori VR. Nel frattempo, Google ha rilasciato Cardboard e gli occhiali Google Glass AR. Innovazioni anche da Microsoft, che ha sviluppato e prodotto nel 2016 il suo headset HoloLens, offrendo per la prima volta la realtà mista (AR e VR). Realtà che, nello stesso anno, ha preso il mondo di sorpresa con Pokémon GO.
Da qui, il metaverso ha iniziato a interessare gli aziende più disparate, come Ikea. La sua app, Place, consente di selezionare un mobile e di vedere come appare nella propria casa o in ufficio. Nel 2020, Apple ha poi aggiunto la tecnologia Lidar (Light detection and ranging) ad iPhone e iPad, creando una migliore scansione della profondità per foto ed AR.
Infine, l’annuncio di Facebook – che ha cambiato il suo nome in Meta nel 2021, indicando la sua volontà di investire nello sviluppo del metaverso – gli occhiali intelligenti Ray-Ban Stories e l’headset estremamente portatile per realtà virtuale Vive Flow di HTC.
Come si entra nel metaverso?
Chiunque può accedere al metaverso. Per entrarvi, servono soltanto:
- un computer o uno smartphone;
- una connessione internet;
- un account su una delle piattaforme disponibili;
- facoltativamente, per rendere l’esperienza più immersiva, dei visori di realtà aumentata.
Tra i mondi virtuali più conosciuti, spiccano sicuramente Decentraland, The Sandbox e Hyperverse. Per accedervi, è dunque necessario creare un account e seguire le istruzioni indicate per ogni specifica piattaforma.
Le potenzialità e i problemi del metaverso
Il metaverso ha potenzialità illimitate ed è difficile prevedere come le tecnologie che lo compongono si svilupperanno. Certo è che il futuro di internet, il web 3.0, è rappresentato da interazioni più realistiche e immersive. Lo sanno bene i molti creatori di videogiochi, le big tech, i brand del mondo della moda e le compagnie di entertainment, che stanno investendo molto nel settore.
Ma le applicazioni sono davvero molteplici. Si pensi alla possibilità di lavorare in team all’interno di un ufficio virtuale estremamente realistico. A un architetto che lavora a un progetto in 3D dal proprio ufficio o a un agente immobiliare che mostra un’abitazione – ‘reale’ o virtuale – online a un cliente/utente che può visitare le singole stanze come se vi fosse presente fisicamente.
Si pensi poi alle potenzialità nell’ambito dell’istruzione a distanza, alle possibilità nel settore del turismo e alle molte esperienze accessibili nel mondo virtuale che sono impossibili da realizzarsi in quello fisico.
Ai molti vantaggi, corrispondono però possibili criticità. L’universo virtuale, proprio per la sua natura apparentemente indiretta e immateriale, potrebbe spingere gli utenti a comportarsi con gli altri come fanno sui social media piuttosto che come nella vita di tutti i giorni, nascondendosi dietro ad account falsi al fine di agire impuniti. C’è una stretta correlazione tra i due mondi, con una grande immersività delle tecnologie e il potenziale ruolo degli avatar come nostra estensione in un ipotetico metaverso evoluto. Un metaverso fatto di transazioni economiche e contratti vincolanti (con tanto di diffusione dei nostri dati personali). I rischi per il nostro patrimonio e la nostra persona sono quindi numerosi. È dunque auspicabile una regolamentazione del metaverso da parte dei provider e dei singoli legislatori.