Ieri mattina Apple ha presentato finalmente le sue innovazioni AI durante l’attesissima conferenza per gli sviluppatori. Peccato che la sua strategia consista perlopiù nell’adottare la tecnologia altrui e inserirla nei propri device come già fatto da molte aziende concorrenti.
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La rincorsa più lunga
Prima che iniziasse la presentazione della tradizionale WWDC all’Apple Park di Cupertino, qualcuno aveva già notato la presenza tra il pubblico di Sam Altman. Sulla carta, sarebbe il competitor principale di ogni azienda AI tech del mondo. Ma, come Cook ha svelato in breve tempo, OpenAI è il partner principale di questa nuova fase di Apple.
La storia di Apple con l’intelligenza artificiale è iniziata in modo travagliato a metà degli anni 2010. L’azienda lasciò indietro i progetti di ricerca e sviluppo sull’AI, perdendo la corsa della tecnologia che sarebbe esplosa nel 2022. Nel corso dell’ultimo anno il suo silenzio aveva fatto presagire progetti sbalorditivi, perlopiù legati ad un’enorme evoluzione di Siri. L’evento di ieri ha parzialmente deluso investitori e utenti ma rappresenta un risultato che la compagnia inseguiva da tempo.
Banalmente intelligenti
Oltre ai nuovi sistemi operativi come iOS 18 e WhatchOS 11 Tim Cook ha presentato Apple Intelligence definendolo il prossimo grande passo di Apple. Si tratterà essenzialmente di una AI che girerà su iOS, iPadOS e macOS e sarà in grado di potenziare ogni applicazione in un’ottica generativa. Di fatto è una evoluzione nella struttura dei device ma rappresenta una rivoluzione tardiva: nel giugno 2024 va a sovrapporsi alle stesse innovazioni già presentate da Samsung o Google Pixel. Gli Smartphone o i Mac di Apple, come spiegato da Craig Federighi, potranno mettere in relazione elementi diversi e fornire supporto in modo più intuitivo e utile. Siri sarà molto più comunicativo e attingerà dal contesto personale degli utenti.
Sarà possibile “parlare” con alcune App per richiedere il risoluzione di problemi specifici; migliorano anche le correzioni di bozze e le generazioni di immagini ed emoji (strumento al quale Apple ha dato un risalto particolare pur trattandosi di un elemento poco più che ludico). Le innovazioni saranno implementate nei device nel corso dell’anno.
Apple paga però inesorabilmente il prezzo del ritardo: l”effetto wow‘ è sempre più difficile da ottenere con le innovazioni AI e di certo è impossibile farlo con la semplice integrazione di tool già ampiamente diffusi.
AI in prestito
L’elemento più incredibile dell’AI di Apple è che… non è di Apple. Come detto, la maggior parte della tecnologia del nuovo ecosistema è di fatto quella di OpenAI. L’accordo per l’adozione di ChatGPT è frutto di una partnership commerciale dai dettagli non divulgati. E forse potrebbe non essere finita qui; nel corso degli scorsi mesi erano filtrati rumors di accordi tra Apple e Google per l’integrazione di Gemini. Tim Cook, in un’intervista dopo la conferenza, non ha escluso che in futuro anche questa collaborazione possa concretizzarsi. Che fine ha fatto ReALM, modello linguistico “più potente di tutti” su cui Apple starebbe lavorando da mesi? Per adesso non c’è nessuna risposta a questa domanda.
La denuncia di Musk
Musk ha denunciato una potenziale enorme falla di privacy nell’adozione della tecnologia di Altman arrivando ad annunciare che potrebbe proibire l’utilizzo degli iPhone nelle sue aziende. “Apple non ha idea di cosa succederà realmente una volta consegnati i vostri dati a OpenAI”. Visti i recenti inciampi del team di Altman, non ha tutti i torti.
“È palesemente assurdo – ha aggiunto – che Apple non sia abbastanza smart da creare la propria intelligenza artificiale“. All’indomani dell’annuncio, è quello che pensano in molti.
Passo indietro o lucidità?
L’accordo mette Apple in una posizione di subalternità rispetto all’attuale egemonia sul mercato AI di OpenAI e quindi Microsoft. Ma forse rappresenta anche una dichiarazione di intenti commerciali: l’azienda è in questa fase più un produttore di hardware che di software ed è uno status che evidentemente intende enfatizzare. C’è di più. Quello che dall’esterno può sembrare un passo indietro potrebbe essere frutto di una grande lucidità. Probabilmente Apple sceglie di indietreggiare sul software per mettersi al riparo da eventuali contraccolpi negativi causati da brutte sorprese del settore AI.
Il futuro del mercato AI è molto meno stabile del previsto. Le difficoltà degli addestramenti, il bisogno di dati sempre nuovi e problemi di approvvigionamento energetico si traducono in investimenti miliardari per nessuna certezza di guadagno certo. Nessuno ha ancora elaborato delle strategie precise sulla sostenibilità del settore.
Puntare sulla vendita dei suoi prodotti evergreen esternalizzando la tecnologia di intelligenza artificiale potrebbe dunque essere per Apple una mossa intelligente. L’azienda sarebbe investita ben meno dei competitor da un eventuale brusco freno del settore generativo.